Anoressia e bulimia: Sipa, “in Italia più di 3,5 milioni di persone. Centri di cura pochi e mal distribuiti”. Congresso nazionale il 17 e il 18 ottobre a Udine

Nel nostro Paese ci sono più di 3 milioni e mezzo di persone che convivono con un disturbo della nutrizione e dell’alimentazione (Dsa), come anoressia, bulimia e disturbo di alimentazione incontrollata. L’organizzazione dei servizi che si occupano di questi pazienti sta crescendo, ma i centri sono pochi e mal distribuiti, come si evince dalla mappatura territoriale appena diffusa dall’Istituto superiore di sanità (Iss). Questo sarà uno dei temi al centro del congresso nazionale della Società italiana di psicopatologia dell’alimentazione (Sipa), sezione speciale della Società italiana di psichiatria (Sip), che si terrà a Udine il 17 e il 18 ottobre.
“In questo congresso verranno discusse tutte le forme di intervento, in gran parte di tipo psicoterapico e psicoeducativo, ma anche di tipo farmacologico – riferisce Matteo Balestrieri, presidente del congresso Sipa, co-presidente della Società italiana di neuro-psico-farmacologia, oltre che professore di psichiatria all’Università di Udine –. Inoltre, verranno esposti tutti gli approfondimenti e le conoscenze che abbiamo sulle caratteristiche di chi soffre di un disturbo della nutrizione e dell’alimentazione. Sono dunque previsti focus sulla bulimia, sull’anoressia, ma anche sui disturbi di alimentazione incontrollata e in senso lato dell’obesità, che ha anche una componente di tipo psicologico, legata all’iperalimentazione psichica”.
Importante un approccio multidisciplinare: coinvolti psichiatri, psicologi, educatori professionali, internisti, nutrizionisti e dietisti. Diversi i livelli di intervento: da quello ambulatoriale a semiresidenziale e diurno, con la possibilità di brevi soggiorni in day hospital per il monitoraggio dello stato fisico e fino anche ai ricoveri. Particolare attenzione verrà dedicata a prevenzione, diagnosi precoce e importanza di intervenire tempestivamente. “Nel campo dei Dna, così come del resto in molti altri campi della psichiatria e non solo, intervenire precocemente significa abbreviare la durata della malattia e ridurre il rischio che si aggravi – conclude Balestrieri -. Lasciare passare tempo significa invece peggiorare la prognosi e rendere difficili gli interventi successivi”.

© Riproduzione Riservata

Quotidiano

Quotidiano - Italiano

Italia