3129 piccole barche di carta – realizzate dagli artisti con disabilità dei laboratori della Comunità di Sant’Egidio – che rappresentano i migranti che hanno perso la vita nei viaggi della speranza nel 2023, davanti ad un mare digitale dove scorrono i loro nomi è una delle tre istallazioni dell’esposizione “Naufragi – Approdi”, realizzata dai Laboratori d’Arte di Sant’Egidio in collaborazione con l’artista César Meneghetti esposta nell’antico complesso monumentale seicentesco del San Michele a Ripa fino al 3 dicembre. La mostra è stata visitata da ventimila visitatori nell’esposizione a Venezia. La mostra presenta anche la rivisitazione grafica di Marianna Caprioletti del dipinto La Zattera della Medusa, di Gericault (1816), che esprime la drammaticità del naufragio, e il trittico dedicato all’approdo sicuro rappresentato dai corridoi umanitari, frutto dell’arte di Roberto Mizzon. Le opere sono frutto della sinergia di César Meneghetti e degli artisti con disabilità dei Laboratori di Sant’Egidio, entrambi convinti che “l’arte non debba escludere nessuno, ma che possegga una forza inclusiva capace di abbattere i pregiudizi”. Infatti, “la fragilità di questi artisti si trasforma in forza comunicativa”, contrastando la “cultura dello scarto” che rende “chi è più debole oggetto di isolamento, rifiuto o reclusione, anziché soggetto attivo e integrato”. Il tema di queste opere – spiegano i promotori – ruota attorno al dramma dei migranti, conducendo il visitatore “in un viaggio ideale e artistico, che parte dai naufragi, cioè dal dolore, le angosce, i pericoli – ben espressi dalla precarietà delle barchette di carta, dai nomi di chi ha perso la vita pronunciati mentre scorrono visivamente su un mare digitale che diventa improvvisamente rosso e dall’opera grafica di Marianna Caprioletti – fino a sciogliersi nella serenità di una via di salvezza, di un approdo con i corridoi umanitari, rappresentati nel trittico di Roberto Mizzon ‘Corridoi umanitari 2024′”. “Un’opera che si ascolta e che chiede di fermarsi” ha detto il curatore Alessandro Zuccari che ha attirato l’attenzione anche sulla significativa cornice in cui si colloca questa tappa romana: l’antico complesso monumentale seicentesco del San Michele a Ripa, che fu ospizio, orfanotrofio e poi, fino agli anni ’60, carcere minorile.