“Anche quest’anno il Rapporto fotografa con scrupolosità la situazione del nostro territorio diocesano che, nell’arco di 16 mesi, ha subito alluvioni e terremoti che hanno ulteriormente aggravato la condizione di fragilità di persone e famiglie che già si trovavano in una situazione di difficoltà. Sono state severamente danneggiate infrastrutture e colture, numerose imprese, sconvolgendo equilibri che sembravano consolidati e che, comunque, erano e restano precari”. Lo ha affermato mons. Mario Toso, vescovo di Faenza-Modigliana, durante la presentazione alla cittadinanza del “Rapporto Caritas povertà e risorse 2023. Sperare e agire con il Creato”.
Nel suo intervento il presule ha voluto portare all’attenzione “2 numeri che credo rappresentino bene la tendenza di aumento della povertà nel nostro territorio: nel 2023 sono stati quasi 11.000 i pasti serviti dalla mensa, con un aumento del 38% rispetto al 2022; sempre nel 2023 sono state 1.826 le persone incontrate dalla Caritas diocesana e dalle Caritas parrocchiali, con un aumento del 17% rispetto al 2022. Sono dati significativi sui quali ha inciso l’evento catastrofico rappresentato dall’alluvione. Infatti, non è un caso se le Caritas parrocchiali delle zone più colpite dal disastro hanno incontrato un maggior numero di persone rispetto all’anno precedente”.
Commentando poi i contenuti del Rapporto, mons. Toso ha osservato che “appare sicuramente uno strumento di rilievo per conoscere la molteplicità di soggetti e di attività che si sviluppano nel territorio diocesano grazie alla Caritas diocesana, alle associazioni, alle istituzioni che operano in rete con essa, a servizio della gente, specie dei più poveri, stranieri ed italiani, emigrati e profughi. Abbiamo così a disposizione non solo informazioni frammentarie, approssimative, disarticolate, bensì un quadro abbastanza completo – compatibilmente alle nostre capacità –, sull’impegno della Chiesa che è chiamata a testimoniare l’amore di Cristo Signore nei confronti dei bisognosi”. I dati, ha rilevato il presule, “non rappresentano una semplice statistica. Rendono evidenti, quasi in maniera palpabile, sia la sofferenza di tante persone, sia l’impegno appassionato di operatori e volontari che si spendono nel servizio al prossimo. Da tutto ciò, a fronte dell’aumento dei numeri, delle calamità naturali, non esclusa una tromba d’aria nell’alfonsinese, risulta particolarmente indovinata e provvidenziale la decisione che, a suo tempo, ha saggiamente condotto a ‘delocalizzare’ la Caritas diocesana anche a livello parrocchiale, per garantire maggiore vicinanza alle persone, alle famiglie e alle comunità nel bisogno”.
Mons. Toso ha poi sottolineato che “il servizio della Caritas diocesana non è concepito secondo un taglio di mera assistenzialità, quanto piuttosto in termini di cura delle persone, di intercettazione delle loro sofferenze, di sostegno alle loro speranze, di viatico per il loro cammino di promozione e di libertà dei giovani e degli adulti. L’aiuto è offerto con animo fraterno, con il cuore di Cristo”. “In breve – ha spiegato –, la Caritas faentina non sembra volersi limitare ad una mera assistenza, pur importante, delle persone che intercetta con il suo essere diaconia ai poveri. Ha l’ambizione (…) di concorrere, il più possibile, alla promozione delle persone, di una ecologia integrale”. “La Chiesa – ha proseguito – non è, evidentemente, nella posizione di chi ignora il dovere dell’assistenza, ma è consapevole che da sola non può risolvere tutti i problemi che, come comunità, si debbono affrontare. Questa assistenza, infatti, deve porsi ad integrazione dei servizi pubblici e costituire oggetto e anima dell’impegno delle istituzioni e delle rappresentanze politiche, istituzionali e sociali”. “Peraltro, la Chiesa – ha continuato – non può essere sulla posizione di coloro che, a fronte di gravi problemi e l’urgenza di dover partecipare alla politica per risolverli, sino a rimuoverne le cause, si limitano a dire ‘a noi, non interessano i partiti ma gli spartiti’, ossia solo contenuti, prospettive, proposte di politiche. È troppo poco. Non impegnandosi direttamente in politica, nei parlamenti e nelle istituzioni, elaborando e approvando leggi ad hoc, è difficile rimuovere le cause dei mali sociali, risolvere le grandi questioni relative ai beni collettivi, al bene comune, alle povertà, alla giustizia sociale, alle diseguaglianze crescenti, alla pace”.