Il Mare Mediterraneo “è diventato nell’ultimo decennio un grande cimitero, con tragedie che continuano a susseguirsi, anche a causa di trafficanti di esseri umani senza scrupoli”. Lo denuncia ancora una volta il Papa, nel tradizionale discorso di inizio d’anno al Corpo diplomatico, in cui fa notare che “tra le tante vittime ci sono molti minori non accompagnati”. “Il Mediterraneo dovrebbe essere piuttosto un laboratorio di pace, un luogo dove Paesi e realtà diverse si incontrino sulla base dell’umanità che tutti condividiamo”, l’appello sulla scorta del viaggio a Marsiglia: “Davanti a questa immane tragedia finiamo facilmente per chiudere il nostro cuore, trincerandoci dietro la paura di una invasione. Dimentichiamo facilmente che abbiamo davanti persone con volti e nomi e tralasciamo la vocazione propria del Mare Nostrum, che non è quella di essere una tomba, ma un luogo di incontro e di arricchimento reciproco fra persone, popoli e culture”. “Ciò non toglie che la migrazione debba essere regolamentata per accogliere, promuovere, accompagnare e integrare i migranti, nel rispetto della cultura, della sensibilità e della sicurezza delle popolazioni che si fanno carico dell’accoglienza e dell’integrazione”, puntualizza il Papa: “D’altra parte occorre pure richiamare il diritto di poter rimanere nella propria Patria e la conseguente necessità di creare le condizioni affinché esso possa effettivamente esercitarsi”. “Dinanzi a questa sfida nessun Paese può essere lasciato solo, né alcuno può pensare di affrontare isolatamente la questione attraverso legislazioni più restrittive e repressive, approvate talvolta sotto la pressione della paura o per accrescere il consenso elettorale”, la tesi di Francesco, che accoglie “con soddisfazione l’impegno dell’Unione europea a ricercare una soluzione comune mediante l’adozione del nuovo Patto sulla Migrazione e l’Asilo, pur rilevandone alcuni limiti, specialmente per ciò che concerne il riconoscimento del diritto d’asilo e per il pericolo di detenzioni arbitrarie”.