Il vescovo di Carpi, mons. Erio Castellucci, ha presieduto la celebrazione eucaristica del 1° gennaio nella cattedrale di Carpi e come ogni anno l’animazione della liturgia, ispirata al tema del messaggio del Papa, è stata curata alla Consulta diocesana delle Aggregazioni Laicali e per i canti dalle Corali riunite della diocesi. Nel corso della celebrazione il vicario generale mons. Gildo Manicardi ha rivolto parole di ringraziamento al vescovo Castellucci nel terzo anniversario dell’inizio del ministero pastorale alla guida della Chiesa di Carpi.
Nell’omelia il presule ha invitato a non perdere la provocazione “forse anche una piccola rivoluzione” presente nel testo del Vangelo, riferendosi innanzitutto alla scena domestica e assai sobria che si è presentata ai pastori, accorsi a seguito dell’annuncio degli angeli: “Potevano aspettarsi ben altro: Dio ci spiazza sempre. Lui non si fa trovare dove e come noi vorremmo trovarlo; noi tante volte vorremmo trovarlo rivestito di gloria, nei panni di un re potente, di un dominatore che risolva di colpo tutti i problemi del mondo, di uno venuto dal cielo che possa davvero cambiare le cose e metterci a disposizione una società bella e perfetta. Un risolutore di problemi. Invece si fa trovare problematico lui stesso, perché Gesù adagiato nella mangiatoia significa, come aveva detto il Vangelo, che per loro non c’era posto nella locanda”.
Al centro della riflessione del vescovo di Carpi la figura di Maria, e il suo “raccogliere tutto nel suo cuore”, ogni momento della vita di Gesù il “figlio dell’Altissimo” che gli era stato promesso. “Maria ha ricomposto tutto il mosaico, ha messo a posto tutti i pezzi della sua vita, ha calato nel cuore tutte le sue esperienze, senza dubitare che il Signore passasse anche attraverso le fatiche, che scegliesse come ritmo la vita ordinaria: ed è questo che ha creato nel suo cuore la pace”. È questo il punto di congiunzione tra la liturgia che propone di contemplare “Maria, Madre di Dio” e la Giornata mondiale della Pace, con il suo carico di attese e di invocazioni. “Ecco il motivo per cui – ha concluso mons. Castellucci – c’è una provocazione, forse una piccola rivoluzione, in questa scena. La Chiesa, per avviare l’anno civile con la Giornata della Pace, sceglie come emblema di pace non una grande scena, un trattato dopo una guerra, un accordo tra sovrani: sceglie una scena domestica, la più domestica possibile, una piccola famiglia in una stalla. Questo è il segno della pace: la pace vive di profondità, di radici. “È la pace del cuore il cuore della pace” come disse Papa Giovanni Paolo II. “O la pace nasce nel cuore e il nostro cuore diventa una piccola Betlemme accogliendo Dio nel quotidiano, oppure possiamo invocare la pace, manifestare per la pace, ma non arriverà mai. Chiediamo al Signore in questo mondo, che sembra dominato spesso da Erode, di aiutarci a calare la pace nel cuore, a raccogliere tutti i pezzi della nostra vita, anche quelli che sembrano più estranei all’opera di Dio, come ha fatto Maria, perché dentro di noi scenda la sua pace”.