C’è una solitudine “buona” e una solitudine “cattiva”, che può portare all’”isolamento sociale” spesso alimentato dalla rete e dai social media. A lanciare il grido d’allarme è mons. Erio Castellucci, arcivescovo di Modena-Nonantola, che nella Lettera alla città – intitolata “Soli, ma trafitti da un raggio di sole” e scritta in occasione della solennità di San Geminiano, patrono principale della città e dell’arcidiocesi, che sarà celebrata mercoledì prossimo, 31 gennaio – propone come antidoto all’isolamento la fraternità. “Per custodire la solitudine ‘buona’ basta un po’ di amore per se stessi, un pizzico di autostima; per vincere la solitudine ‘cattiva’ occorre invece un surplus di amore per gli altri, un continuo allenamento al dono di sé”, la ricetta del presule. Se è l’amore, “sano e fisiologico”, il raggio di sole che trafigge, osserva però Castellucci, “purtroppo qualche volta l’amore si ammala, diventa brama di possesso anziché proposta di dono, e quando non può vantare l’esclusiva sulla persona amata mira a distruggerla. Le tragiche violenze sulle donne, che giungono perfino all’assassinio, sono spesso le conseguenze di amori patologici”. “Quanto più una civiltà si costruisce su grezzi rapporti di forza e freddi calcoli, tanto meno spazio pubblico resta alle donne; quanto più, all’inverso, una civiltà si edifica sulla cura delle relazioni, sulla finezza e profondità d’animo e di pensiero, tanto più emerge il protagonismo femminile”, spiega il vescovo, secondo il quale “maschile e femminile si integrano, sia nelle singole persone sia nel tessuto sociale, ma un equilibrio effettivo è ancora lontano: pensiamo solo alla disparità di trattamento tra uomini e donne nel campo lavorativo e professionale. Il clima troppo spesso teso e violento della nostra società non favorisce la profondità e la raffinatezza e contribuisce ad emarginare e isolare le donne”.