“Il compito di giudicare spesso non è facile”. Lo ha detto, stamattina, Papa Francesco, presiedendo, nel Palazzo apostolico vaticano, l’inaugurazione del 95° anno giudiziario del Tribunale della Rota Romana. “Raggiungere la certezza morale sulla nullità, superando nel caso concreto la presunzione di validità, implica portare a termine un discernimento a cui tutto il processo, specialmente l’istruttoria, è ordinato”, ha osservato il Pontefice, evidenziando che “tale discernimento costituisce una grande responsabilità che la Chiesa vi affida, perché influisce fortemente sulla vita delle persone e delle famiglie. Bisogna affrontare questo compito con coraggio e lucidità ma, prima di tutto, è decisivo contare sulla luce e la forza dello Spirito Santo”. Poi ha sottolineato: “Cari giudici, senza preghiera non si può fare il giudice. Se qualcuno non prega, per favore, si dimetta, è meglio così”. Nell’Adsumus, “la bella invocazione al Paraclito che viene recitata nelle adunanze del vostro Tribunale, si dice: ‘Siamo qui dinanzi a te, Spirito Santo, siamo tutti riuniti nel tuo nome. Vieni a noi, assistici, scendi nei nostri cuori. Insegnaci tu ciò che dobbiamo fare, mostraci tu il cammino da seguire tutti insieme. Non permettere che da noi peccatori sia lesa la giustizia, non ci faccia sviare l’ignoranza, non ci renda parziali l’umana simpatia, perché siamo una sola cosa in te e in nulla ci discostiamo dalla verità'”. Di qui l’invito: “Ricordiamoci sempre questo: il discernimento si fa ‘in ginocchio’ – e un giudice che non sa mettersi in ginocchio è meglio che si dimetta –, implorando il dono dello Spirito Santo: solo così si giunge a decisioni che vanno nella direzione del bene delle persone e dell’intera comunità ecclesiale”.
Non solo: “L’oggettività del discernimento giudiziale richiede poi di essere liberi da ogni pregiudizio, sia a favore sia contro la dichiarazione di nullità. Ciò implica di liberarsi sia dal rigorismo di chi pretenderebbe una certezza assoluta sia da un atteggiamento ispirato alla falsa convinzione che la risposta migliore sia sempre la nullità, quello che San Giovanni Paolo II chiamò il ‘rischio di una malintesa compassione […], solo apparentemente pastorale’. In realtà – proseguiva il Papa – ‘le vie che si discostano dalla giustizia e dalla verità finiscono col contribuire ad allontanare le persone da Dio, ottenendo il risultato opposto a quello che in buona fede si cercava'”.