“La rivoluzione digitale può renderci più liberi, ma non certo se ci imprigiona nei modelli oggi noti come echo chamber”, cioè quel fenomeno per cui non esiste la verità dei fatti, perché ciascuno ha selezionato e riceve solo le notizie e i commenti con i quali concorda a priori. Lo scrive il Papa, nel Messaggio per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, in cui esorta ad “interrogarci sullo sviluppo teorico e sull’uso pratico di questi nuovi strumenti di comunicazione e di conoscenza”: “Grandi possibilità di bene accompagnano il rischio che tutto si trasformi in un calcolo astratto, che riduce le persone a dati, il pensiero a uno schema, l’esperienza a un caso, il bene al profitto, e soprattutto che si finisca col negare l’unicità di ogni persona e della sua storia, col dissolvere la concretezza della realtà in una serie di dati statistici”. In questi casi, “anziché accrescere il pluralismo dell’informazione, si rischia di trovarsi sperduti in una palude anonima, assecondando gli interessi del mercato o del potere”, il monito di Francesco, secondo il quale “non è accettabile che l’uso dell’intelligenza artificiale conduca a un pensiero anonimo, a un assemblaggio di dati non certificati, a una deresponsabilizzazione editoriale collettiva”. “La rappresentazione della realtà in big data, per quanto funzionale alla gestione delle macchine, implica infatti una perdita sostanziale della verità delle cose, che ostacola la comunicazione interpersonale e rischia di danneggiare la nostra stessa umanità”, denuncia il Papa: “Siamo chiamati a crescere insieme, in umanità e come umanità. La sfida che ci è posta dinanzi è di fare un salto di qualità per essere all’altezza di una società complessa, multietnica, pluralista, multireligiosa e multiculturale”.