“È bello riconoscere come anche nella nostra Chiesa di Como molti uomini e donne hanno creduto e continuano a credere in Gesù Cristo, immagine del Dio invisibile, fino a diventare testimoni di misericordia. Nessuno diventa cristiano da sé stesso, ma sempre sostenuto da una compagnia di battezzati, esempio di una fede che orienta e determina una esistenza, discepoli umili e coraggiosi che hanno costruito la loro vita sulla base della parola di Dio, sulla forza dei sacramenti e sulla carità fraterna, fino al dono totale di sé. Si sono fidati di Gesù che ha raccomandato la fede come condizione per poter amare, la preghiera come forza per vivere, la misericordia come dimensione fondamentale della esistenza”. Lo ha detto, stasera, il vescovo di Como, card. Oscar Cantoni, celebrando una messa nella chiesa di Ponte Chiasso, nel 25° anniversario della morte di don Renzo Beretta, ucciso nella sua casa parrocchiale di Ponte Chiasso, al confine fra Como e la Svizzera, da un uomo in cerca di denaro.
“Alcuni nostri fratelli e sorelle, in particolare, si sono affidati a Gesù per poter essere in grado di testimoniarlo come bene supremo, fino a dare la vita per lui nel martirio. Sì, con una grande consolazione possiamo affermare umilmente che la nostra è una Chiesa di martiri. Si pensi al beato Rusca a Sondrio, nel lontano 1618, ma anche, più recentemente, alla beata suor Maria Laura Mainetti, uccisa in odium fidei a Chiavenna nel 2000, al giovane del movimento Mato Grosso di Isolaccia Giulio Rocca, ucciso nel 1992, come anche al nostro don Roberto Malgesini nel 2020”, ha ricordato il cardinale, rivolgendo poi un pensiero particolare “a don Beretta che onoriamo proprio oggi, nel ricordo del venticinquesimo anniversario del suo sacrificio”.
“La sua memoria è ancora viva tra noi, in ogni ambiente ecclesiale e civile del nostro territorio, come anche al di fuori. La sua testimonianza di fede e di carità continua ad affascinare i credenti, molti dei quali, proprio sul suo esempio, si prodigano al servizio del bene comune, vengono in aiuto ai bisognosi nelle diverse forme di servizio, amano la Chiesa e per essa si impegnano a renderla sempre più uno spazio che manifesti la misericordia di Dio nell’oggi della nostra storia”, ha evidenziato il porporato, per il quale “onorare don Renzo significa per noi oggi di accettare il rischio di esporci a difesa e a promozione dei poveri, degli indifesi, dei senza dimora, degli immigrati, dei carcerati, delle donne in difficoltà, di quanti non sono amati o considerati esclusi dalla società. E questo non per demagogia, ma in virtù della fede in Colui che, facendosi uomo, ha dichiarato la dignità di ogni persona, creata a immagine di Dio, redenta dal suo sangue prezioso”.
“Ricordare don Renzo significa aiutarci a ravvivare la nostra fede nel Signore Gesù e a credere che ‘quello che il vangelo propone risponde alle necessità più profonde delle persone, perché tutti siamo stati creati per quello che il Vangelo ci propone’ (EG. 265)”, ha concluso.