“Soltanto facendo memoria del nostro passato e di quanto di bello e buono Dio ha operato in esso noi possiamo intravedere il bene eterno che ci aspetta e costruire futuro”. Lo ha affermato mons. Mauro Parmeggiani, vescovo di Tivoli e di Palestrina, nell’omelia pronunciata l’ultimo giorno del 2023 nella messa in cui si è cantato il Te Deum.
Nell’anno appena concluso – ha osservato il presule – “insieme alle cose belle ci sono anche tante cose che ci indurrebbero nella tentazione di smettere di sperare, tante cose che vorrebbero rattristarci: penso alle guerre che anziché fermarsi, il 7 ottobre scorso si sono estese anche nella Terra stessa dove è nato e vissuto Gesù”. “Penso ai femminicidi e a tanti episodi di violenza – ha proseguito – che ancora non cessano tra gli uomini, penso a tante famiglie disgregate a causa di egoismi, superficialità nei rapporti, infedeltà ad impegni assunti; penso alle vecchie e nuove povertà che avanzano; penso a chi anche nella nostra Tivoli è in cassa integrazione e teme il licenziamento dal proprio lavoro o che il lavoro proprio non ce l’ha… e potrei continuare”. Pensando alla nostra città come non ricordare poi la grande ferita che essa ha subito nella notte tra l’8 e il 9 dicembre dell’anno che si conclude con l’incendio del nostro ospedale?”, ha evidenziato il vescovo, sottolineando che “la chiusura del nostro ospedale a causa di un incendio di cui non conoscendo ancora le cause mi astengo dal giudicare, è stata una ferita grande. Una ferita che grazie alla pronta attivazione del Centro operativo comunale nella notte tra l’8 e il 9 dicembre è stata arginata quanto al numero delle vittime per le quali stasera preghiamo”. “Ma una ferita, però, che, rimasta aperta, fa ancora paura alle oltre 350.000 persone che facevano riferimento al nostro nosocomio”, ha ammonito: “Fa ancora paura ai tanti ammalati, anziani, a tante mamme che devono partorire, ai tanti che ogni giorno andavano a curarsi presso di esso, al personale medico e paramedico che ha perduto il proprio abituale luogo di lavoro”. “Da quel 9 dicembre ci sentiamo più fragili – ha rilevato mons. Parmeggiani – perché se dovessimo aver necessità di cura della salute non abbiamo punti di riferimento vicini e perché la chiusura del nostro ospedale pone sotto stress la cura che viene prestata in altri ospedali intorno a Tivoli”. “Per promuovere la pace – ha esortato il vescovo – occorre vincere la paura e sperare perché Dio non ci abbandonerà. Ma occorre anche darci da fare, prevenire la protesta, le divisioni, il malessere sociale che crescendo potrebbe portare a forme di intolleranza, di episodi violenti – Dio non voglia! –, di insofferenza verso la politica – forma democratica di partecipazione dei cittadini alla conduzione della cosa pubblica”. “Sicuro di interpretare anche il vostro pensiero – ha aggiunto –, vorrei pertanto stasera nel rispetto dei tempi che la Magistratura deve prendersi per portare a termine le proprie giuste indagini, fare appello a tutte le istanze governative, regionali, dei comuni i cui cittadini fanno riferimento all’ospedale di Tivoli, a tutti coloro che in qualche modo possono fare qualcosa affinché il San Giovanni venga riaperto in toto e al più presto”. “Se desideriamo la pace chiedo con umiltà, ma anche con determinazione che tutti – a partire dagli amministratori della cosa pubblica ai più alti livelli – si impegnino a far sì che i servizi essenziali da dare a questa città, a partire dall’Ospedale – forma eminente di riconoscimento dei diritti dei cittadini alla salute e alla sicurezza – siano al più presto riattivati”.