Domani, 19 gennaio, ricorre il 160° dalla morte della marchesa Giulia Falletti di Barolo. Per l’anniversario, nella mattinata di domani, alle ore 9, nella chiesa di Santa Giulia (luogo dove riposano le spoglie mortali dei marchesi Giulia e Carlo Tancredi), a Torino, sarà celebrata una messa e, nel pomeriggio alle ore 17, Palazzo Barolo (via della Orfane 7/a) ospiterà il primo appuntamento di un ciclo di sei incontri sulle tematiche delle carceri, della vita dei detenuti nelle strutture di reclusione, delle persone vi lavorano (operatori professionali e volontari), delle iniziative culturali e delle attività educative all’interno e all’esterno istituti di pena. Sei conferenze, da gennaio a dicembre, organizzate dall’Opera Barolo in collaborazione con il settimanale diocesano di Torino “La Voce e Il Tempo”. L’incontro di domani pomeriggio, prendendo spunto da due espressioni “Perché loro e non io?” (Papa Francesco) “Perché loro sono dentro e io fuori?” (Giulia di Barolo), sarà dedicato al tema della “scuola in carcere”, con la presentazione del libro “E-mail a una professoressa. Come la scuola può battere le mafie”, scritto da Marina Lomunno, caporedattore de “La Voce e il Tempo”, e dal frate francescano Giuseppe Giunti. Insieme agli autori interverranno mons. Roberto Repole, arcivescovo di Torino e vescovo di Susa e presidente dell’Opera Barolo, la scrittrice Margherita Oggero, Elena Lombardi Vallauri, direttore della casa circondariale torinese “Lorusso e Cutugno”, Emma Avezzù, procuratore presso il Tribunale dei minori del Piemonte e della Valle d’Aosta, Monica Cristina Gallo, garante dei diritti delle persone private della libertà personale della Città di Torino, e Arturo Soprano, presidente emerito della Corte d’appello di Torino e membro del Consiglio d’amministrazione dell’Opera Barolo. L’incontro sarà moderato dal giornalista Marco Bonatti.
“Per ricordare la venerabile marchesa Giulia nel 160° della sua morte, non è stata casuale la scelta di proporre a Palazzo Barolo un ciclo di incontri sulle carceri – spiega Anna Maria Poggi, consigliera dell’Opera Barolo -. Proprio dall’interesse per le donne detenute nelle prigioni torinesi era infatti iniziata, nel 1814, la sua attività sociale. Un impegno che l’aveva vista adoperarsi per migliorare le condizioni di vita in cui versavano le recluse al fine di ottenere per loro un trattamento più umano, che tenesse conto del rispetto dell’igiene, delle condizioni morali, con il sostegno dell’istruzione religiosa e attraverso il lavoro come mezzo indispensabile per un autentico recupero e per il ritorno nella società da persone libere”.