Il Governo presenti con urgenza un calendario elettorale che “ci porti a elezioni pulite e trasparenti”. È la richiesta dei vescovi venezuelani, che hanno concluso la 121ma Assemblea ordinaria con la pubblicazione della consueta esortazione pastorale. “Questo dovrebbe essere un momento per cercare, tra tutti i fattori della società venezuelana, un impegno per la progettazione di una visione condivisa del Paese”, scrive la Conferenza episcopale venezuelana (Cev), secondo la quale le elezioni presidenziali dovrebbero “costituire un esercizio pedagogico” per la democrazia, incoraggiando la “partecipazione attiva del popolo, il vero soggetto della società che sogniamo”. La chiave di questo compito è promuovere “un dialogo e un negoziato serio, sincero e impegnato tra il Governo e i vari settori della vita nazionale”, coinvolgendo i vari settori: il mondo accademico, le organizzazioni sindacali, i sindacati, le forze armate. Solo così sarà possibile raggiungere nuovi accordi che “approfondiscano le linee democratiche e i patti sociali che permettono un migliore sviluppo del Paese”.
I vescovi hanno anche espresso la loro grande preoccupazione per la Chiesa sorella del Nicaragua, “in mezzo alla quale si stanno ripetendo gli attacchi persecutori contro i primi cristiani”. E denunciano che, nonostante “gli annunci di crescita economica”, ci sia ancora una crisi umanitaria che appare senza sbocchi: “Siamo addolorati e scioccati nel vedere la sofferenza del popolo venezuelano in termini di salute, istruzione, cibo, bassi salari, corruzione. Tutto ciò costituisce una flagrante violazione dei diritti umani, che disprezza la loro condizione di cittadini e figli di Dio”, hanno affermato. Questa complessa e sconcertante realtà sta costringendo molti venezuelani ad “avventurarsi per emigrare in altri Paesi alla ricerca di migliori condizioni di vita, perché ritengono che nel nostro Paese non ci sia futuro”. Purtroppo, di fronte a questa grave situazione, il Governo non mostri alcun interesse nell’offrire soluzioni.
Sulla questione della disputa territoriale per la regione dell’Esequibo con la vicina Guyana, i vescovi hanno confermato il loro impegno a “difendere la sovranità nazionale”, anche perché fin dagli albori della storia repubblicana del Paese “la Chiesa è stata presente su tutto il territorio”, entro gli iniziali confini. “Oggi speriamo che si possa raggiungere una soluzione negoziata e pacifica, soddisfacente per entrambe le parti, come proposto nell’accordo di Ginevra”, si legge nell’esortazione.