Ecuador: Dalla Costa (Suore Elisabettine), “la popolazione è terrorizzata, c’è paura che la violenza si diffonda”

In Ecuador “si è diffuso il terrore tra la popolazione. Sono tutti chiusi in casa, i trasporti sono bloccati, come pure i centri medici, le università e i terminal dei bus”. A raccontare al Sir la situazione di caos in cui è sprofondato il Paese latinoamericano, con l’ondata di violenza innescata da bande di criminalità organizzata legate al traffico di droga, è suor Chiara Dalla Costa, delle Suore Terziarie Francescane Elisabettine. Suor Chiara, padovana, è tornata di recente dall’Ecuador dopo otto anni di missione in un dispensario medico a Duran, nella diocesi di San Jacinto, suffraganea dell’arcidiocesi di Guayaquil, la capitale economica nel sud del Paese, dove è stata assaltata la tv pubblica locale, con la presa in ostaggio dei giornalisti. Le immagini in diretta diffuse da tv e social hanno scosso l’opinione pubblica e preoccupato la comunità internazionale. Il neo presidente Daniel Noboa ha subito dichiarato lo stato di emergenza per 60 giorni e mobilitato su tutto il territorio le forze armate ecuadoriane, che hanno annunciato oggi di aver liberato 41 ostaggi, ucciso cinque “terroristi” e arrestato altre 329 persone. Pare siano stati sventati tre attentati con autobomba nella capitale Quito. Non esistono bilanci ufficiali ma polizia e amministrazioni locali hanno indicato 13 morti. Le suore Elisabettine sono presenti in Ecuador dal 1981 in diverse zone del Paese e si occupano di pastorale e carità, a supporto delle diocesi. “Anche il nostro centro medico è chiuso, i medici non possono andare a lavorare – prosegue la religiosa -. Due nostre consorelle erano sul bus che le riportava a casa da Quito. Ma la vettura è tornata indietro e ora sono bloccate in un albergo a Quito. La terza consorella è rimasta da sola nella nostra casa. Siamo molto preoccupate”.
“C’è paura che la violenza si diffonda ancora di più, è pericoloso spostarsi – dice suor Chiara -. Anche perché l’esercito è autorizzato a sparare a prima vista. Li chiamano ‘terroristi’ ma si vede che sono ragazzi ingaggiati in zone povere e usati per fare quello che hanno fatto. Quale sia lo scopo e gli interessi che ci sono dietro non è chiaro”. “Due anni fa hanno le bande criminali hanno fatto trovare due persone impiccate, un chiaro messaggio intimidatorio per dire: fate quello che vogliamo noi – ricorda la religiosa -. Bruciano negozi, si uccidono tra loro per contendersi le piazze della droga. Ora sembra si siano uniti contro lo Stato. Anche la minaccia ai giornalisti è chiara: non diffondete notizie contro di noi”. L’Ecuador, prosegue la missionaria, “non è una zona di produzione della cocaina come Colombia e Perù ma è territorio di transito verso gli Stati Uniti. È come un grande magazzino dove nascondono la droga. Ci sono tanti cartelli di narcos che seminano il terrore. Ci chiediamo cosa sta succedendo. È molto strana tutta l’instabilità che si sta creando in tanti Paesi dell’America Latina. Ricorda quello che è accaduto negli anni ’70-’80-’90, con l’appoggio degli Stati Uniti alle dittature e le guerre civili interne. L’impressione è che ci sia la volontà di destabilizzare il Paese”.

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