“Raggiungere la pace non può avere il prezzo della giustizia. No. Perché significherebbe porre le basi per un conflitto futuro. La giustizia non è un termine astratto, ma dentro la storia e il diritto internazionale. Poi ritengo anche che la pace debba essere sicura. Ciò vuol dire che le condizioni di pace devono avere il supporto non solo delle parti direttamente interessate ma di tutti quegli attori internazionali che sono chiamati a garantirne l’applicazione e il rispetto”. Lo afferma il card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, intervistato da “Avvenire” dopo l’intervento al Sinodo della Chiesa greco-cattolica ucraina che si svolge a Roma fino al 13 settembre. Per il cardinale, “la pace è sempre possibile ma richiede uno sforzo incessante per sconfiggere le logiche, gli interessi e le ‘ragioni’ della guerra. La pace è una sorta di rammendo, un’opera di tessitura che ha necessità di molta conoscenza, intelligenza, libertà di interessi. Per questo c’è bisogno del concorso di tanti e qualche volta purtroppo anche di tempo per ricucire ciò che gli scontri, la polarizzazione, le semplificazioni pericolose e ignoranti, l’odio, la propaganda hanno lacerato”. Quanto alla vicinanza della Chiesa italiana alle comunità ecclesiali ucraine, il card. Zuppi ricorda che “c’è un’unione profondissima fra le nostre Chiese che ha generato una solidarietà di popolo”: “Cito l’accoglienza pronta ed esemplare dei profughi da parte di moltissime diocesi, parrocchie e famiglie nella Penisola. Oppure l’ospitalità che stiamo continuando a offrire ai ragazzi: soltanto quest’anno le Chiese che sono in Italia hanno accolto quasi mille bambini”.