Un incontro caloroso e fraterno. Ieri, 5 settembre, il vescovo di Treviso, mons. Michele Tomasi, ha visitato il centro di accoglienza straordinaria (Cas) per persone immigrate all’ex caserma Serena di Dosson. Una struttura che, al momento, è la più grande del Veneto, gestita dalla cooperativa Nova Facility, guidata da Gianlorenzo Marinese.
I cancelli si sono aperti alle 10, per far entrare il vescovo, il vice prefetto vicario, Antonello Roccoberton, il sindaco di Treviso, Mario Conte, quello di Casier, Renzo Carraretto e il parroco di Dosson, don Adriano Fardin. Insieme a loro Valerio Delfino e altri rappresentanti della Comunità di Sant’Egidio, che alla Serena promuovono dei laboratori con le donne.
Il vescovo e gli altri ospiti hanno visitato i vari uffici e gli spazi comuni, incontrando gli operatori e molti ospiti, soprattutto giovani e mamme con bambini, tra cui un neonato di pochi giorni.
“La Serena – ha detto Marinese – sta cercando di far fronte alle richieste continue di accoglienza, insieme alla Prefettura. Noi la consideriamo una stazione di arrivo, dalla quale le persone possono partire con una valigia di esperienze, anche grazie al territorio che abbiamo intorno. Per loro la Serena è casa e paese, ma l’obiettivo è trovare loro una casa quando escono da qui”. Il presidente Marinese ha poi annunciato che il prossimo 20 settembre un gruppo di 50 ospiti saranno ricevuti in udienza da Papa Francesco.
Il saluto di mons. Tomasi agli ospiti è stato tradotto nelle lingue dei diversi gruppi presenti. Il vescovo ha ringraziato dell’invito e si è rivolto agli ospiti chiamandoli fratelli e sorelle. “Siamo fratelli e sorelle nella lode all’Altissimo con il quale ci ritroviamo nella preghiera; fratelli e sorelle nella realtà, impegnati a fare al meglio il bene possibile, nel rispondere e nel promuovere la dignità delle persone. Qui dentro questo non si vive solo a parole, ma con i fatti, con il cibo, l’alloggio, le pulizie, la formazione, la cultura, l’accoglienza, il lavoro, la casa, l’integrazione. C’è una vita che pulsa qui, fatta di relazioni, di impegno, di solidarietà. I muri vanno bene quando proteggono, non quando separano. Questa vita che pulsa qui non deve essere separata dal nostro mondo”. Poi il presule, riferendosi al fenomeno migratorio mondiale, ha detto che “è uno dei segni dei tempi che ci siano popoli in migrazione. Possiamo protestare, fare finta che non sia così, ma ci sono persone in movimento nel mondo, e sono fratelli e sorelle: dobbiamo coglierlo come un richiamo e fare tutti bene la nostra parte, perché tutti abbiano il diritto – dovere di vivere in pace, tra persone e culture diverse. Grazie a voi perché ci siete e alle Istituzioni perché ci sono. Faremo tutti qualcosa in più e insieme, anche le comunità cristiane. E lo faranno in collaborazione con i sindaci, con le Istituzioni, senza paura. Si fa un passo lento per fare un cammino buono insieme, nella concretezza quotidiana. È possibile una vita fraterna tra i popoli e tra le persone. Quanto più ci incontriamo e conosciamo, tanto più possono cadere le barriere e possiamo imparare, strada facendo, a volerci bene”.
Poi il momento della preghiera: prima quella dell’imam della struttura, poi il Padre nostro guidato dal vescovo. E una donna ha pregato in inglese dicendo: “Signore, tu conosci i nostri bisogni e i nostri progetti. Chiediamo la tua benedizione attraverso il vescovo Michele”. E proprio il vescovo ha invocato la benedizione finale.