A guidare la riflessione del Papa, nell’Incontro ecumenico e interreligioso svoltosi oggi presso l’Hun Theatre di Ulaanbaatar, in Mongolia, anche stavolta è stato “l’amato popolo mongolo che può vantare una storia di convivenza tra esponenti di varie tradizioni religiose”. Facendo riferimento alla virtuosa esperienza “dell’antica capitale imperiale Kharakhorum, al cui interno si trovavano luoghi di culto appartenenti a diversi “credo”, il Pontefice ha indicato il valore dell’armonia, “una parola dal sapore tipicamente asiatico”, perché rappresenta “quel particolare rapporto che si viene a creare tra realtà diverse, senza sovrapporle e omologarle, ma nel rispetto delle differenze e a beneficio del vivere comune. Il Papa infatti, non ha mancato di sottolineare che la “valenza sociale della nostra religiosità si misura da quanto riusciamo ad armonizzarci con gli altri pellegrini sulla terra e da come riusciamo a diffondere armonia, lì dove viviamo. Ogni vita umana, infatti, e a maggior ragione ogni religione, è tenuta a ‘misurarsi’ in base all’altruismo: non un altruismo astratto, ma concreto, che si traduca nella ricerca dell’altro e nella collaborazione generosa con l’altro”, perché “l’uomo saggio si rallegra nel donare, e solo per questo diventa felice” (The Dhammapada: The Buddha’s Path of Wisdom, Sri Lanka 1985, n. 177; cfr le parole di Gesù riferite in At 20,35). “L’altruismo – ha proseguito – costruisce armonia e dove c’è armonia c’è intesa, prosperità, bellezza. Anzi, armonia è forse il sinonimo più appropriato di bellezza. Al contrario, la chiusura, l’imposizione unilaterale, il fondamentalismo e la forzatura ideologica rovinano la fraternità, alimentano tensioni e compromettono la pace. Le religioni sono chiamate a offrire al mondo questa armonia, che il progresso tecnico da solo non può dare, perché, mirando alla dimensione terrena, orizzontale dell’uomo, rischia di dimenticare il cielo per il quale siamo fatti”.