Papa Francesco, stamattina, nell’Incontro ecumenico e interreligioso presso l’Hun Theatre di Ulaanbaatar, in Mongolia, è tornato sui valori e sui costumi della Mongolia riaffermandone il valore e la bellezza. A cominciare dalla ger, l’antichissima abitazione dei popoli nomadi dell’Asia centrale, struttura, a detta del Papa, dal duplice significato. Da una parte “costituisce infatti uno spazio umano nel quale si svolge la vita della famiglia, luogo di incontro e di dialogo dove, anche quando si è in tanti, si sa fare spazio a qualcun altro”. Dall’altra, “insieme allo spazio umano, la ger evoca l’essenziale apertura al divino. La dimensione spirituale di questa dimora è rappresentata dalla sua apertura verso l’alto, con un solo punto dal quale entra la luce”. Un’immagine da cui trarre “un bell’insegnamento: il senso del tempo che scorre giunge dall’alto”, dove “l’umana convivenza che si attua nello spazio circolare è così costantemente rimandata alla sua vocazione verticale, trascendente, spirituale. L’umanità riconciliata e prospera, che come esponenti di diverse religioni contribuiamo a promuovere, è simbolicamente rappresentata da questo stare insieme armonioso e aperto al trascendente, in cui l’impegno per la giustizia e la pace trovano ispirazione e fondamento nel rapporto col divino”. Ed è da qui che il Pontefice è partito per ricordare che, come rappresentanti delle religioni, “la nostra responsabilità è grande, specialmente in quest’ora della storia, perché il nostro comportamento è chiamato a confermare nei fatti gli insegnamenti che professiamo; non può contraddirli, diventando motivo di scandalo. Nessuna confusione dunque tra credo e violenza, tra sacralità e imposizione, tra percorso religioso e settarismo”. Il Papa ha quindi invitato i presenti a fare memoria delle “sofferenze patite nel passato per trasformare l’insipienza della violenza in saggezza di vita”, invitando i presenti, “discepoli entusiasti dei rispettivi maestri spirituali, ad offrirne la bellezza a quanti accompagniamo, come amichevoli compagni di strada. Sì, perché in società pluralistiche e che credono nei valori democratici, come la Mongolia, ogni istituzione religiosa, regolarmente riconosciuta dall’autorità civile, ha il dovere e in primo luogo il diritto di offrire quello che è e quello che crede, nel rispetto della coscienza altrui e avendo come fine il maggior bene di tutti”.