“Aiutiamo insieme le giovani generazioni a comprendere che la legge non è un capestro, ma è una mano che viene data alla nostra libertà. È un cammino in salita, ma le cose belle costano e noi siamo disposti a pagare per raggiungere questa bellezza”. Così il vescovo di Grosseto, mons. Giovanni Roncari, questa mattina alle donne e agli uomini della Polizia di Stato che, con a capo il questore Mannoni, si sono ritrovati in cattedrale per celebrare il loro patrono, san Michele arcangelo.
Il presule ha colto l’occasione di questa ricorrenza per lanciare alcuni messaggi, che hanno tratto spunto dalla Parola di Dio proclamata nella messa e dalla cronaca. Soffermandosi sul tema della corruzione della coscienza, il vescovo ha detto che “ne abbiamo avuto un esempio in questi giorni”. “Un noto mafioso non voleva i funerali religiosi, perché tanto la Chiesa è corrotta… Dunque il corruttore dichiara gli altri corrotti… È un po’ come quegli uomini che usano violenza fisica sulle donne sostenendo che l’altra era succinta. Quindi, se la sarebbe cercata. In questo modo si arriva davvero alla corruzione della coscienza e a interpretare come bene ciò che oggettivamente è male! Ci si autoinganna”. Alle donne e agli uomini della Polizia, il vescovo ha consegnato un’ulteriore riflessione: “Voi rappresentate la legge, che dovrebbe educare la coscienza, perché quello che è male resta male e quello che è bene resta bene. E l’uomo può giudicare il bene e il male grazie alla propria retta coscienza, che si forma in tanti modi. Certamente fin da bambini, purché gli adulti abbiano il coraggio di dire no quando occorre il no e sì, quando è opportuno il sì. Ma la coscienza retta si forma anche nella libera discussione e, per chi ha il dono della fede, anche attraverso lo spirito di Dio”. Infine, mons. Roncari ha esortato il personale della Polizia: “Dovete, sì, reprimere, ma non basta. Dovete essere anche quelli che educano, attraverso l’esempio, attraverso tanti strumenti che l’intelligenza e l’esperienza umana ci mettono davanti”. E a proposito del dibattito sulle baby gang ha aggiunto: “Non si può approcciare il problema discutendo se serva repressione o educazione…sarebbe semplicistico. Come Chiesa scegliamo l’educazione: il bastone non ha mai convertito nessuno. Ha impressionato, impaurito, umiliato, ma non ha cambiato i cuori. Se, però, scegliamo l’educazione, ci vogliono gli educatori: famiglia, scuola, la Chiesa, le forze dell’ordine, lo sport”.