I vescovi tedeschi, nel corso della assemblea plenaria autunnale, che si svolge a Wiesbaden sino a domani, hanno presentato il primo sussidio, di 47 pagine, che cerca di analizzare le diverse dimensioni dell’abuso spirituale in ambito religioso e nelle comunità cristiane. Da un lato il documento analizza l’aspetto spirituale, poiché gli autori del reato cercano di obbligare le persone colpite a seguire quella che vedono come l’unica spiritualità corretta e lo stile di vita ordinato da Dio. L’abuso ha anche una componente sociale quando, soprattutto nelle comunità spirituali, vengono imposti l’esclusione e l’isolamento e si crea così dipendenza. La pressione, l’adattamento sociale, l’ideologia che causa malattie: tutto ciò può avere anche conseguenze psicologiche e fisiche. Non ultimo, l’abuso spirituale ha anche una dimensione teologica. “L’abuso spirituale, intenzionalmente o meno, non tiene conto del carattere misterioso e duraturo di Dio e del carattere misterioso e duraturo dell’uomo, con tutte le conseguenze imprevedibili di tali violazioni”, afferma il sussidio. Le conseguenze sono paragonabili a quelle dell’abuso sessuale. E non solo: l’abuso spirituale spesso dà origine alla violenza sessuale. Ma l’abuso spirituale non è solo molto sfaccettato, è anche difficile da definire. È improbabile che si verifichino procedimenti giudiziari da parte dei pubblici ministeri se l’abuso spirituale non si verifica insieme all’abuso sessuale. Non esiste inoltre alcun obbligo di denuncia ai sensi del diritto canonico.
Il sussidio, però, non si limita a delineare il complesso dell’abuso spirituale: offre una dettagliata casistica di situazioni intorno alle quali l’abuso spirituale si può realizzare, quando si usano situazioni emotive per creare pressione nelle persone, o quando si crea un forte culto della personalità intorno a un sacerdote o a un superiore. Nella sua prefazione si legge: “Dal punto di vista delle persone colpite, è passato troppo tempo in cui la loro sofferenza non è stata accessibile e nominabile, non vista, non riconosciuta e persino banalizzata”.