Da quattro giorni la chiesa russa a Sofia, situata nel centro della capitale è chiusa in seguito all’espulsione del presidente della chiesa, l’archimandrita russo Vassian Zmeev, accusato di spionaggio insieme ad altri due chierici. Ieri ci sono state delle proteste di cittadini che chiedevano la riapertura del tempio. “È una situazione molto delicata – spiega al Sir Tony Nikolov, caporedattore della rivista ‘Cristianesimo e cultura’ – perché l’archimandrita Zmeev è stato dichiarato persona non grata prima nella Repubblica Macedonia del Nord sempre per spionaggio, molto probabilmente per la sua attività ne confronti della Chiesa ortodossa a Skopje”, ora accade in Bulgaria. Nikolov ha ricordato che ora “il destino della chiesa russa sarà deciso nella prossima sessione del Santo Sinodo della Chiesa ortodossa bulgara il 2 ottobre ma tra i vertici della Chiesa ortodossa bulgara ci sono diverse opinioni: c’è chi ha condannato l’espulsione e c’è chi rileva che anche essendo chiesa russa, l’edificio è proprietà della Chiesa ortodossa bulgara e come tale vi potrebbero celebrare sacerdoti bulgari”.
“È importante sottolineare – rileva Nikolov – che l’archimandrita non è stato espulso nella sua veste di sacerdote, ma per attività illecite sul territorio bulgaro; comunque questo tema è molto divisivo per la società bulgara e crea opinioni polarizzate”. Nikolov sottolinea anche la dura reazione dell’Ambasciata russa e dal ministero degli Esteri russo che hanno chiamato l’espulsione “atto barbarico” e hanno detto che “questa chiesa antica che per molti anni è stata luogo di devozione comune per bulgari e russi ora sarà chiusa”. Però secondo il giornalista ortodosso “la chiave della chiesa dovrebbe stare nella metropolia di Sofia e con l’approvazione dei superiori, qualche sacerdote mandato lì ad interim potrebbe riaprire il tempio. È giusto che la chiesa riapra le porte”.