Ci sono vittime anche tra la popolazione civile. A denunciarlo è un Report della Caritas Internationalis sulla situazione in Nagorno Karabakh e sulle conseguenze dell’azione militare condotta dall’Azerbaigian contro la pacifica popolazione armena dell’Artsakh. Giunto al Sir tramite mons. Mikael Bassalé, amministratore apostolico dei cattolici di rito armeno, secondo l’Ufficio per la difesa dei diritti umani del Nagorno Karabakh, ci sono almeno 200 morti e più di 400 feriti. Il numero dei feriti tra la popolazione civile supera le 40 persone, tra cui 13 bambini. Al momento si contano 10 morti civili accertati, tra cui 5 bambini. Si prevede che questi numeri aumenteranno anche perché le comunicazioni in Nagorno Karabakh sono fortemente limitate. Il Report racconta che le forze armate azere sono riuscite a prendere il controllo di alcune alture e strade strategiche in Nagorno Karabakh, nonché di diverse comunità. Hanno anche interrotto i collegamenti stradali tra alcune parti della Regione, creando ulteriori blocchi locali. “Le forze armate azere hanno catturato 150 civili dal villaggio di Taghavard – si legge ancora nel Report – e ci sono anche rapporti non ufficiali di uccisioni di massa. Esiste un rischio crescente che la popolazione pacifica venga sottoposta a massacri”. Secondo Gegham Stepanyan, difensore civico per i diritti umani in Nagorno Karabakh, oltre 7.000 persone sono state evacuate da 16 comunità civili delle regioni di Askeran, Martakert, Martuni e Shoushi. Circa 20.000 civili sono rimasti bloccati nella città di Martakert, impossibilitati a evacuare e, secondo quanto riferito, ora sotto assedio. Sempre secondo rapporti non ufficiali, circa 10.000 persone sono bloccate nell’aeroporto di Stepanakert senza acqua, cibo e altri beni di prima necessità. Fonti non ufficiali fanno sapere che l’Azerbaigian ha consegnato alle autorità Nagorno Karabakh un elenco di cittadini che dovrebbero essere consegnati all’Azerbaigian precisando che lo scambio è una condizione perché venga aperto il corridoio umanitario.
“La Caritas armena sta osservando da vicino gli sviluppi”, si legge nel Report, ed ha convocato un incontro ad hoc per discutere la situazione e le azioni di risposta, volte in particolare per aiutare le persone che sono state evacuate dall’Artsakh. Gli operatori Caritas parteciperanno alle riunioni di coordinamento nazionale del Ministero degli Affari Sociali, che è responsabile del coordinamento degli sforzi di risposta alle emergenze e dopo aver effettuato una valutazione dei bisogni locali sul numero degli sfollati, si progetterà “una risposta rapida e una raccolta fondi”. La Caritas verificherà anche se sul campo c’è rischio che i diritti delle persone nell’Artsakh vengano violati in termini di divieto di evacuazione in Armenia.
I leader di Stati Uniti, Francia, Germania e Unione europea hanno sollecitato l’immediata sospensione dell’offensiva azera. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha affermato che Baku deve “fermare immediatamente gli attacchi e tornare alla diplomazia”. Anche l‘Unione Europea ha condannato l’escalation militare, ha chiesto l’immediata cessazione delle ostilità e all’Azerbaigian lo stop delle attuali attività militari. Mercoledì scorso, anche Papa Francesco ha chiesto la fine del conflitto nel Nagorno-Karabakh: “Ieri ho appreso notizie inquietanti dal Nagorno Karabakh, nel Caucaso meridionale, dove la già critica situazione umanitaria è ora aggravata da ulteriori scontri armati”.