I nuovi movimenti religiosi vennero salutati da Giovanni Paolo II come “uno dei frutti più significativi della primavera della Chiesa già preannunciata dal Concilio Vaticano II”. Oggi, dopo il martellante emergere degli abusi e violenze al loro interno viene da pensare che tali frutti stiano marcendo ancor prima di maturare. Non basta la bontà del carisma delle origini, il fascino del fondatore seducente, serve il tempo storico della crescita. Come non basta il solo riferimento a “Pietro” quale garanzia. È intitolato “I rischi di una deriva settaria” lo studio del mese pubblicato sull’ultimo numero de Il Regno-Attualità. Il testo del vescovo di Novara e presidente della Commissione episcopale per la dottrina della fede, l’annuncio e la catechesi della Cei, mons. Franco Giulio Brambilla, “illustra bene – viene rilevato nella sintesi di presentazione – la necessità di una più compiuta ecclesiologia di comunione, che tenga assieme la partecipazione alla vita di tutta la Chiesa e della Chiesa di tutti con l’appartenenza al proprio gruppo elettivo. Così come una teologia che componga e distingua il rapporto tra incarnazione e trascendenza. Perché serve una più compiuta relazione tra carisma, istituzione e leadership”.
Nello stesso numero anche l’articolo “La posta in gioco” nel quale Erik Jones parla delle prossime presidenziali statunitensi, “decisive per gli Usa ma anche per il resto del mondo”, viene sottolineato nella sintesi. “Per gli Usa, perché è in gioco una concezione di leadership che punta a sanare le fratture del paese contro una che, al contrario, le cavalca per vincere a ogni costo; una leadership che considera le relazioni internazionali uno strumento virtuoso anche per la politica interna contro una che predica l’isolazionismo e pratica forme di accordi che tuttavia sono sempre instabili. Ma sono importanti anche per il resto del mondo e in particolare per il sistema di alleanze che punta a isolare le autocrazie che non danno spazio ai diritti umani e a considerare una vittoria per tutti il consolidamento del dialogo euro-atlantico a fronte dell’aggressione russa dell’Ucraina. Sono elezioni che hanno un incredibile posta in gioco per tutte e due le sponde dell’Atlantico”.