“Noi, vescovi della Chiesa cattolica di Haiti, facciamo eco al ‘grido di un intero popolo di fronte all’abbandono’ e viviamo con amarezza e dolore la sofferenza del nostro popolo causata dalla violenza cieca di banditi pesantemente armati, dal cinismo e dall’indifferenza dei leader politici e dall’esitazione della comunità internazionale”. Inizia così l’ennesimo accorato appello della Conferenza episcopale haitiana, di fronte alla situazione del Paese, da tempo completamente fuori controllo.
Da circa quattro anni, riassumono i vescovi, “il nostro Paese sta attraversando una delle crisi socio-politiche e di sicurezza più lunghe e letali della sua storia. L’intero popolo, l’intero Paese, è stato colpito nel profondo”. Lo Stato “ha perso il controllo del territorio nazionale. La criminalità organizzata ha preso il controllo di ogni dipartimento, di ogni diocesi e di quasi tutte le principali città del Paese. L’area metropolitana di Port-au-Prince è quasi interamente controllata da banditi armati, organizzati in bande. Nel dipartimento di Artibonite, punti strategici sono stati abbandonati alle loro azioni terroristiche. La popolazione è tenuta in ostaggio dalla violenza spietata delle bande e dei loro alleati, bloccata dall’inazione e dal silenzio complice del Governo. Una guerra a bassa intensità contro la popolazione pacifica e disarmata sta infuriando in tutto il Paese”. Il terrore quotidiano a Carrefour-Feuilles e Lilavois (solo per citarne alcuni) e il massacro nella zona di Canaan “sembrano confermare che alle bande è stata data carta bianca per agire contro la popolazione. Questi crimini contro una popolazione inerme sono accompagnati, tra l’altro, da attacchi alle chiese e ai luoghi di culto delle varie religioni, che non possono più funzionare”.
Si chiedono i vescovi haitiani: “Che cosa dobbiamo fare, dunque? Sembra che abbiamo già esaurito tutte le vie ordinarie e normali”. E proseguono rispondendo: “Di fronte alla barbarie che sta prendendo piede nel nostro Paese, la soluzione non è essere passivi”. Di conseguenza, “chiediamo a tutto il popolo di Dio di Haiti, a tutti i battezzati qui e altrove e a tutte le nostre istituzioni ecclesiali di rimanere attivi, in queste ore buie della nostra storia di popolo. Ovunque siamo, anche negli angoli più remoti, la nostra solidarietà, la nostra vicinanza, la nostra preghiera, le nostre esortazioni come cittadini e come popolo possono contribuire a questo. Invitiamo i sacerdoti di tutte le parrocchie delle dieci diocesi del Paese, i religiosi e i fedeli laici a organizzare una vera e propria catena di preghiere, in particolare una novena di preghiera in occasione della festa di San Michele Arcangelo, per la liberazione del nostro amato Paese dalle grinfie e dalla violenza delle bande”.
Prosegue il messaggio: “Continuiamo inoltre a sostenere con speranza gli sforzi per una risoluzione pacifica di questa crisi multidimensionale. Incoraggiamo tutte le iniziative intraprese per fermare i rubinetti del sangue che scorre liberamente e per proteggere la popolazione vulnerabile lasciata a se stessa. Ribadiamo a gran voce al mondo che questo genocidio deve essere fermato. Chiediamo a chi è attualmente al potere di compiere passi forti e concreti verso una vera riconciliazione storica qui e ora ad Haiti. Chiediamo inoltre che le autorità pubbliche e altri settori della nazione pongano fine alla loro complicità con le bande armate e al loro sostegno, che la polizia diventi alleata del popolo e che il dialogo politico e sociale sia costruito sulla base delle reali esigenze della popolazione”.