“In seno al Centro Aletti è presente una vita comunitaria sana e priva di particolari criticità” e “i membri del Centro Aletti, benché amareggiati dalle accuse pervenute e dalle modalità con cui sono state gestite, hanno scelto di mantenere il silenzio – nonostante la veemenza dei media – per custodire il cuore e non rivendicare una qualche irreprensibilità con cui ergersi a giudici degli altri”. È quanto emerge dalla conclusione della visita canonica al Centro Aletti, in una nota del Vicariato di Roma: “Tutta la vicenda, a giudizio del Visitatore, ha aiutato le persone che vivono l’esperienza del Centro Aletti a rafforzare la fiducia nel Signore, nella consapevolezza che il dono della vita di Dio si fa spazio anche attraverso la prova. Contemporaneamente, nuove esigenze, emerse e valutate anche alla luce della decisione della Compagnia di Gesù di uscire dalla compagine del Centro Aletti, hanno richiesto alcune prime necessarie modifiche allo Statuto che, tuttavia, hanno lasciato integre le finalità fondative”. La visita è stata avviata il 16 gennaio su disposizione del cardinale vicario Angelo De Donatis. L’indagine – “condotta con diligenza e riservatezza” – è stata affidata don Giacomo Incitti, professore ordinario di Diritto canonico presso la Pontificia Università Urbaniana, che ha presentato la relazione conclusiva il 23 giugno. Sulla base di quest’ultima, il card. De Donatis “verificata la non sussistenza di alcun presupposto per ulteriori provvedimenti di propria competenza, ha decretato la chiusura della Visita canonica”. “Come da esplicita richiesta formulata nel decreto di nomina, tenuto conto delle ricadute sulla vita dell’Associazione, il visitatore ha doverosamente esaminato anche le principali accuse che sono state mosse al p. Rupnik, soprattutto quella che ha portato alla richiesta di scomunica. In base al copioso materiale documentario studiato – conclude la nota -, il visitatore ha potuto riscontrare e ha quindi segnalato procedure gravemente anomale il cui esame ha generato fondati dubbi anche sulla stessa richiesta di scomunica. In considerazione della gravità di tali riscontri, il Cardinale vicario ha rimesso la relazione alle Autorità competenti”.