La Chiesa, la società civile e le organizzazioni indigene della Bolivia vanno in difesa dei diritti delle popolazioni native Tsimane e del riconoscimento del territorio di Yacuma. In un una nota diffusa ieri si denuncia che la popolazione indigena di questo territorio è a rischio e subisce continue violazioni dei propri diritti. Tra i firmatari della denuncia, Repam Bolivia, Caritas Bolivia, fondazione Jubileo, il vicariato apostolico di Pando, guidato dal vescovo bergamasco Eugenio Coter. Un’ulteriore denuncia arriva dal Forum sociale panamazoznico (Fospa).
Gli Tsimane sono un popolo nativo delle pianure boliviane, che vive nei comuni di San Borja, San Ignacio de Moxos, Rurrenabaque e Santa Ana de Yacuma, nel dipartimento di Beni. “Di fronte alle aggressioni e alle minacce permanenti di cui sono vittime i nostri fratelli e sorelle indigeni Tsimane, come difensori dei diritti indigeni e della giustizia sociale, desideriamo esprimere la nostra profonda preoccupazione e il nostro rifiuto delle minacce che minacciano i diritti e la dignità della nazione Tsimane e di tutti i popoli indigeni delle pianure”.
Il documento prosegue contestando la decisione dell’Istituto nazionale di riforma agraria (Inra) di dichiarare a vocazione produttiva le terre Tsimane, nonostante la mancanza di caratteristiche specifiche dei terreni. Scelta che, secondo i firmatari, è in aperta contraddizione con la Costituzione plurinazionale della Bolivia, che garantisce la Terra comunitaria d’origine (Tco) della popolazione indigena
“Sottolineiamo – prosegue la nota – che anche i contadini migranti meritano diritti alla terra e al lavoro, ma è fondamentale distinguere tra terre fiscali e Tco, che rappresentano proprietà ancestrali dei popoli indigeni. La semplice mancanza di riconoscimento legale non giustifica l’appropriazione indebita da parte della burocrazia statale che le cede a terzi”.