Prima Al Qaeda che si è reso colpevole di rapimenti, uccisioni, anche di vescovi e di sacerdoti, poi prima che queste “ferite” si rimarginassimo, poi l’Isis che ha imposto il caos nella Piana di Ninive scacciando i cristiani dalle loro case nella notte tra il 6 e il 7 agosto 2014, adesso la cancellazione del decreto 147 (che riconosce la nomina pontificia del patriarca a capo della Chiesa caldea “in Iraq e nel mondo” e lo rende di fatto “responsabile e custode delle proprietà della Chiesa”, ndr) da parte del presidente della Repubblica irachena, Abdul Latif Rashid, una vera “pugnalata alla schiena dei cristiani”. La recente storia dei cristiani iracheni riassunta in una nota del patriarcato caldeo in cui si denuncia lo scarso interesse del Governo di turno iracheno “nel tendere la mano ai cristiani” spingendoli di fatto ad emigrare “in cerca di sicurezza, dignità e libertà”. “Sradicati dalla loro terra – scrive il patriarca caldeo, card. Louis Raphael Sako – i cristiani hanno pianto, versato lacrime, gridato protezione e diritti, ma nessuna ‘risposta’. La Chiesa è stata l’unica che è intervenuta, per curare le loro ferite, e ha cercato di sostenerli con tutti i mezzi, così come gli onesti iracheni che hanno pianto con i cristiani, condividendo la loro ansia, mostrando solidarietà incoraggiandoli a rimanere saldi nella loro patria affinché l’Iraq non perdesse i suoi abitanti indigeni, i nativi che hanno costruito il loro Paese, innalzato il suo nome”. Oggi i cristiani “gridano di nuovo” – si legge nella nota –: “Nel mirino il patriarca Sako, simbolo di integrità e patriottismo. Prendere di mira lui significa prendere di mira la rimanente comunità cristiana in Iraq. È un altro modo per mettere a tacere i cristiani, sfollarli e impossessarsi delle loro proprietà, come accadde alla comunità ebraica settant’anni fa”. Da qui le richieste avanzate dal Patriarcato della cancellazione del decreto del presidente della Repubblica, del ritiro della Milizia Babilonia dalla Piana di Ninive sostituita dalla Polizia federale, di limitare l’elezione dei deputati cristiani alle sole comunità cristiane. Diversamente, conclude la nota, il Patriarcato “presenterà il ricorso alla Corte internazionale e lancerà una campagna globale inviando delegazioni in diversi paesi, per far conoscere la condizione di vita dei cristiani iracheni così da ottenere solidarietà e sostegno. Se le nostre richieste non saranno soddisfatte, boicotteremo le elezioni”.