“Dio ci chiede di andare a fondo nella lotta contro la mondanità spirituale”. Lo scrive Papa Francesco in una lettera che ha inviato ai sacerdoti della diocesi di Roma, che porta la data del 5 agosto, memoria della dedicazione della basilica di Santa Maria Maggiore, ma che è stata diffusa oggi dalla Sala stampa vaticana.
Il Pontefice precisa: “La mondanità spirituale, infatti, è pericolosa perché è un modo di vivere che riduce la spiritualità ad apparenza: ci porta a essere ‘mestieranti dello spirito’, uomini rivestiti di forme sacrali che in realtà continuano a pensare e agire secondo le mode del mondo. Ciò accade quando ci lasciamo affascinare dalle seduzioni dell’effimero, dalla mediocrità e dall’abitudinarietà, dalle tentazioni del potere e dell’influenza sociale. E, ancora, da vanagloria e narcisismo, da intransigenze dottrinali ed estetismi liturgici, forme e modi in cui la mondanità ‘si nasconde dietro apparenze di religiosità e persino di amore alla Chiesa’, ma in realtà ‘consiste nel cercare, al posto della gloria del Signore, la gloria umana e il benessere personale’ (Evangelii gaudium, 93)”. “Come non riconoscere in tutto ciò la versione aggiornata di quel formalismo ipocrita, che Gesù vedeva in certe autorità religiose del tempo e che nel corso della sua vita pubblica lo fece soffrire forse più di ogni altra cosa?”, si chiede il Santo Padre.
“La mondanità spirituale è una tentazione ‘gentile’ e per questo ancora più insidiosa – avverte Francesco -. Si insinua infatti sapendosi nascondere bene dietro buone apparenze, addirittura dentro motivazioni ‘religiose’ E, anche se la riconosciamo e la allontaniamo da noi, prima o poi si ripresenta travestita in qualche altro modo”. Di qui l’invito: “Abbiamo bisogno di vigilanza interiore, di custodire la mente e il cuore, di alimentare in noi il fuoco purificatore dello Spirito, perché le tentazioni mondane ritornano e ‘bussano’ in modo garbato”, sono i “demoni educati”, che “entrano con educazione, senza che io me ne accorga”, evidenzia il Papa richiamando quanto detto nel discorso alla Curia Romana, il 22 dicembre 2022.