Considerato il background storico, ma anche il presente della Chiesa in Mongolia, piccola ma capillarmente attiva nel sociale – tanto che in questi mesi è allo studio un accordo tra Santa Sede e Mongolia sull’operato dei cristiani -, risulta centrale nel viaggio apostolico di Francesco la messa che il Papa celebrerà nel pomeriggio del 3 settembre nella Steppe Arena. Ai 1.500 fedeli residenti in Mongolia, il 90% nella capitale, si aggiungeranno anche altri mille fedeli provenienti da diversi Paesi vicini. Tra questi: Russia, Cina, Thailandia, Kazakhstan, Kirghizistan, Azerbaigian, Vietnam.
Sempre domenica 3, il Papa presiederà un evento ecumenico e interreligioso nell’Hun Theatre: vi prenderanno parte rappresentanti di sciamanesimo, scintoismo, buddismo, islam, ebraismo, induismo e altre confessioni. Un segno della vocazione alla convivenza pacifica che, ha sottolineato Matteo Bruni, direttore della Sala Stampa vaticana, da decenni caratterizza il popolo mongolo. Saranno presenti allo stesso incontro anche osservatori del governo ed esponenti del mondo universitario, ha riferito il portavoce vaticano, che ha risposto alle domande di alcuni giornalisti circa le possibili tensioni con la Cina per l’incontro con rappresentanti del buddhismo tibetano, tra cui un bambino considerato la decima reincarnazione di Buddha, come pure sulla possibilità di un incontro privato con fedeli russi e cinesi dopo la messa. Bruni, chiarendo che al momento non sono previsti incontri riservati, ha spiegato che all’evento ecumenico e interreligioso parteciperanno tutti i gruppi religiosi, inclusi i buddisti, religione maggioritaria della Mongolia. Quanto a possibili riferimenti alla vicina Cina, il direttore della Sala Stampa ha richiamato le parole del Papa nell’ultimo Angelus di domenica 27 agosto: “Il Papa è stato molto chiaro domenica: va in Mongolia, desidera questo incontro a cui guarda con felicità e grande rispetto, ha il desiderio di incontrare il popolo. Il viaggio è in Mongolia”.