Rohingya: Save the Children, oltre mezzo milione di bambini a rischio a causa dei drastici tagli all’assistenza alimentare. Appello alla comunità internazionale

Sei anni dopo che 750.000 Rohingya sono stati costretti a fuggire dalle violenze in Myanmar per cercare sicurezza in Bangladesh, la salute e il benessere di oltre mezzo milione di bambini rimane a rischio a causa dei recenti e drastici tagli all’assistenza alimentare. Questo l’allarme lanciato da Save the Children. I rifugiati Rohingya nei campi di Cox’s Bazar – il più grande insediamento di rifugiati al mondo – hanno ora un terzo di cibo in meno rispetto a cinque mesi fa e l’organizzazione per i diritti dell’infanzia teme che le persone saranno spinte ancora di più verso la fame e la malattia se non ci saranno finanziamenti aggiuntivi urgenti. I rifugiati Rohingya dipendono quasi interamente dagli aiuti alimentari per sopravvivere, poiché non possono lasciare i campi o lavorare formalmente. In una recente valutazione, diverse famiglie di rifugiati Rohingya hanno raccontato a Save the Children che con 27 centesimi al giorno si possono comprare solo riso e un litro di olio e che i loro bambini si ammalano a causa della grave carenza di alimenti diversi e nutrienti, come carne, uova o verdure. In un contesto simile, le malattie si diffondono facilmente. I casi di scabbia sono attualmente in aumento, con oltre il 40% delle persone colpite. Save the Children denuncia anche il fatto che i bambini sono sempre più spesso vittime di violenza fisica a causa della mancanza di denaro e di cibo che colpisce le famiglie. Quest’anno gli abusi fisici hanno rappresentato più di un quarto di tutti i casi segnalati all’équipe di protezione dei bambini di Save the Children. “Questa è una crisi dei bambini, che rischiano di diventare una generazione perduta”, dichiara Shaheen Chughtai, direttore di Save the Children in Bangladesh. “La comunità internazionale dovrebbe dimostrare di non aver voltato loro le spalle e finanziare adeguatamente i programmi umanitari nei campi”. “Dopo sei anni, non possiamo continuare con un approccio a breve termine. La comunità internazionale deve dimostrare ora che non ha dimenticato i rifugiati Rohingya”.

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