“Il beato Salvatore e i suoi compagni, così come i martiri attuali, sono una provocazione per ognuno di noi, sacerdoti, religiosi e laici. Sono una provocazione per la nostra mentalità che cerca la sicurezza a tutti i costi perché abbiamo paura non solo di morire, ma anche di dare la vita”. Lo ha detto il custode di Terra Santa, padre Francesco Patton, inaugurando il 23 agosto scorso, a Cappadocia (Aq), la cappella dedicata al beato Salvatore Lilli, frate minore martirizzato, insieme ad altri suoi compagni, in Armenia nel 1895. “Salvatore e i suoi compagni – ha aggiunto – sono una provocazione per me e mi dicono: se non hai qualcuno per cui dare la vita ti mancherà anche un buon motivo per vivere. Quel qualcuno, per Salvatore e i suoi compagni, così come per i martiri di oggi, ma anche per ciascuno di noi si chiama Gesù Cristo”. Il custode di Terra Santa è stato accompagnato dal commissario generale di Terra Santa, fra Sergio Galdi d’Aragona, e da fra Vincenzo Ianniello. Ad accoglierli mons. Giovanni Massaro, vescovo di Avezzano, e da mons. Nareg Naamoyan, esarca del Patriarcato armeno cattolico per la Terra Santa e la Giordania, e dalle autorità locali. Presenti anche i Francescani della Provincia di San Bonaventura accompagnati dal postulatore generale delle cause dei santi, fra Gianni Califano, e dal padre provinciale, fra Luciano de Giusti. All’interno della chiesa sono state collocate delle teche contenenti le reliquie del beato. Per l’occasione la Custodia di Terra Santa ha mostrato al pubblico alcune sue lettere autografe e la Provincia francescana di San Bonaventura ha offerto alla venerazione dei fedeli il saio del beato Salvatore, proveniente dalla Spagna.
Salvatore Lilli, nativo di Cappadocia (Aq), partì come missionario nel 1873 in Terra Santa. Venne poi inviato a Marasc nell’Armenia Minore e lì vi rimase per quindici anni. A seguito delle sommosse politiche dei turchi contro gli armeni, il 22 novembre 1895, fu arrestato con altri cristiani e condotto a Marasc; lungo il viaggio vennero più volte invitati a rinnegare la religione cattolica e a darsi alla fede di Maometto, se volevano salvare la vita. Al loro deciso rifiuto furono uccisi a colpi di baionetta, e i loro corpi furono dati alle fiamme in una zona chiamata Mujuk-Deresi. Sono stati beatificati da Papa Giovanni Paolo II il 3 ottobre 1982.