“Chiediamo, con tenacia, la grazia che vengano gettate e consumate nel fuoco del Perdono le ‘scorie nocive’ delle inimicizie e siano sanati gli atteggiamenti ostili, a livello relazionale e universale. Invochiamo l’Onnipotente affinché vengano dissolte le cause delle guerre: sia quelle che incendiano molti luoghi nel pianeta (in particolare, pensiamo alla vicina Ucraina), come le conflittualità ‘microscopiche’, ma distruttive, che si attivano nelle famiglie e nei rapporti interpersonali”. È l’auspicio espresso dall’arcivescovo de L’Aquila, card. Giuseppe Petrocchi, nel suo saluto all’accensione del fuoco del Perdono, simbolo di pace, fratellanza e riconciliazione, che caratterizza la Perdonanza Celestiniana, quest’anno giunta alla sua 729ma edizione, che si apre oggi nel capoluogo abruzzese. Ma il fuoco, sottolinea il cardinale, “per essere fattore purificatore e prorompente, va custodito ed alimentato, perché sia sempre più divampante: infatti – come insegna sant’Agostino – ciò che non arde, non brucia. Il combustibile per queste ‘fiamme’ è la carità: cioè l’amore evangelico” che, nelle parole di san Paolo “è magnanimo, benevolo, non è invidioso, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità”. Per il card. Petrocchi “non basta organizzare ‘buone ritualità’ (che pur sono necessarie), ma occorre suscitare mentalità aggregative e percorsi condivisi di azione”. La celebrazione di oggi deve, rimarca l’arcivescovo de L’Aquila, “trasformarsi in cultura: spirituale, umana e sociale. E la cultura, se è autentica, si concretizza in stili di pensiero come anche in atteggiamenti ispirati ai valori in cui si radica: si manifesta, così, attraverso il messaggio, si modella come tradizione, si rende efficace nella testimonianza missionaria”. In questo quadro globale, ricorda Petrocchi, “assumono un ruolo centrale le ‘virtù civiche’ della solidarietà, dell’altruismo, della onestà, del rispetto, della lealtà, della, laboriosità, della giustizia. Va sottolineato che le opere di carità, spirituale e materiale, hanno un versante ecclesiale, ma anche sociale: per questo sono pure ‘pubbliche virtù’. Mentre ciò che impoverisce o nega questi dinamismi produce patologie: etiche e collettive. Nella misura in cui – in sintonia con il dettato di Papa Francesco – L’Aquila sarà ‘Capitale del Perdono’, diventerà pure, allo sguardo del mondo, esposizione di una Città integralmente ‘ricostruita’ e di una Comunità felicemente “risorta’”.