Dorothy Day “riserva parole bellissime per la Chiesa cattolica, che a lei, proveniente e appartenente al mondo dell’impegno sociale e sindacale, spesso sembrava schierata dalla parte dei ricchi e dei possidenti, non di rado insensibili alle esigenze di quella vera giustizia sociale e concreta uguaglianza di cui – la stessa Day ce lo ricorda – tante pagine dell’Antico testamento risultano ricche”. Lo ricorda Papa Francesco nella prefazione – pubblicata ieri su Vatican news – al libro autobiografico di Dorothy Day “Ho trovato Dio attraverso i suoi poveri. Dall’ateismo alla fede: il mio cammino interiore” (Libreria Editrice Vaticana), nelle librerie da martedì 22 agosto. “Crescendo in lei l’adesione alle verità di fede, cresceva parimenti la considerazione verso la natura divina della Chiesa cattolica. Non con uno sguardo di acritico fideismo, quasi una difesa d’ufficio della propria nuova ‘casa’ spirituale, bensì con un atteggiamento onesto e illuminato, che sapeva scorgere nella vita stessa della Chiesa un elemento di irriducibile legame con il mistero, al di là di tante e ripetute cadute dei suoi membri”, sottolinea il Pontefice, che riporta alcuni pensieri di Dorothy Day come questo: “Gli stessi attacchi rivolti contro la Chiesa mi hanno dimostrato la sua divinità. Solo un’istituzione divina avrebbe potuto sopravvivere al tradimento di Giuda, alla negazione di Pietro, ai peccati dei tanti che professavano la sua fede, che avrebbero dovuto prendersi cura dei suoi poveri”. E, in un altro passaggio del testo, Day afferma: “Ho sempre pensato che le fragilità umane, i peccati e l’ignoranza di coloro che si trovano in posizioni elevate nel corso della storia hanno dimostrato solo che la Chiesa deve essere divina per persistere nel volgere dei secoli. Non avrei addossato alla Chiesa quelli che ritenevo fossero gli errori degli ecclesiastici”.
“Che bello – commenta il Papa – ascoltare parole simili da una grande testimone di fede, di carità e di speranza nel Novecento, il secolo nel quale la Chiesa è stata oggetto di critiche, avversioni e abbandoni! Una donna libera, Dorothy Day, capace di non nascondere quelli che non ha paura di definire ‘errori degli ecclesiastici!’, ma che ammette come la Chiesa abbia a che fare direttamente con Dio, perché è sua, non nostra, l’ha voluta lui, non noi, è suo strumento, non qualcosa di cui possiamo servirci. Questa è la vocazione e l’identità della Chiesa: una realtà divina, non umana, che ci conduce a Dio e con la quale Dio ci può raggiungere”.