Il Vangelo di ieri, domenica 20 agosto, narra l’incontro di Gesù con una donna cananea, al di fuori del territorio d’Israele (cfr Mt 15,21-28). Ella gli chiede di liberare sua figlia, tormentata da un demonio, ma il Signore non le presta ascolto. Lei insiste, e i discepoli gli consigliano di esaudirla perché la smetta, ma Gesù spiega che la sua missione è destinata ai figli d’Israele, ma la donna, coraggiosa, insiste ancora e Gesù l’esaudisce. “Bella storia questa! E questo è successo a Gesù”, ha commentato Papa Francesco, affacciato alla finestra dello studio nel Palazzo apostolico vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli e i pellegrini riuniti in Piazza San Pietro.
“Vediamo che Gesù cambia il suo atteggiamento, e a farlo cambiare è la forza della fede di quella donna. Soffermiamoci allora brevemente su questi due aspetti: il cambiamento di Gesù e la fede della donna”, ha sottolineato il Pontefice. Innanzitutto, “il cambiamento di Gesù. Egli stava rivolgendo la sua predicazione al popolo eletto; poi, lo Spirito Santo avrebbe spinto la Chiesa ai confini del mondo. Ma qui avviene, potremmo dire, un’anticipazione, per cui, nell’episodio della donna cananea, già si manifesta l’universalità dell’opera di Dio. È interessante questa disponibilità di Gesù: di fronte alla preghiera della donna ‘anticipa i piani’, davanti al suo caso concreto diventa ancor più condiscendente e compassionevole”. Il Santo Padre ha spiegato: “Dio è così: è amore, e chi ama non resta rigido. Sì, resta fermo, ma non rigido. Non resta rigido sulle proprie posizioni, ma si lascia smuovere e commuovere; sa cambiare i suoi programmi. L’amore è creativo, e noi cristiani, se vogliamo imitare Cristo, siamo invitati alla disponibilità del cambiamento. Quanto bene fa nei nostri rapporti, ma anche nella vita di fede, essere docili, prestare davvero ascolto, intenerirci in nome della compassione e del bene altrui, come Gesù ha fatto con la cananea. La docilità per cambiare. Cuori docili per cambiare”.
Francesco ha quindi invitato a guardare alla fede della donna, che il Signore loda, dicendo che è “grande”: la sua fede “non è ricca di concetti, ma di fatti: la cananea si avvicina, si prostra, insiste, intrattiene un dialogo serrato con Gesù, supera ogni ostacolo pur di parlargli. Ecco la concretezza della fede, che non è un’etichetta religiosa, ma un rapporto personale con il Signore. Quante volte si cade nella tentazione di confondere la fede con un’etichetta! La fede della donna non è fatta di galateo teologico, ma di insistenza: bussa alla porta, bussa, bussa; non è fatta di parole, ma di preghiera. E Dio non resiste quando è pregato”.
Infine, il Papa ha esortato a farci alcune domande: “A partire dal cambiamento di Gesù, per esempio: io sono capace di cambiare opinione? So essere comprensivo, e so essere compassionevole o rimango rigido sulle mie posizioni? Nel mio cuore c’è qualche rigidità? Che non è fermezza: la rigidità è brutta, la fermezza è buona. E a partire dalla fede della donna: com’è la mia fede? Si ferma a concetti e parole, o è veramente vissuta, con la preghiera e le azioni? So dialogare con il Signore, so insistere con Lui, o mi accontento di recitare qualche bella formula?”. E ha concluso: “La Madonna ci renda disponibili al bene e concreti nella fede”.