“La celebrazione di Maria assunta in cielo, nel cuore dell’estate, ci richiama una grande verità della fede cristiana: per tutti noi c’è una destinazione che ci proietta nella pienezza di amore, il Paradiso”. Lo scrive il vescovo di Trieste, mons. Enrico Trevisi, in un messaggio per la solennità dell’Assunta. “Questa vita passando per la strettoia della morte, con l’inquietudine che essa reca sempre con sé, ci immette in una partecipazione piena con la vita di Dio. Siamo creati per la vita e non per la morte. Il nostro corpo, cioè noi stessi guardati dal versante precario della nostra carne, non è cibo per i vermi o una manciata di cenere dopo la cremazione. Noi siamo voluti in un disegno di amore eterno, del quale balbettiamo soltanto in attesa di gioire faccia a faccia con Dio. Per questo nel rito delle esequie noi incensiamo il corpo dei defunti, destinati alla pienezza di vita in Dio, per sua infinita misericordia”, evidenzia il presule. “Talvolta viviamo nella leggerezza delle cose che passano (l’aperitivo, il bel vestito, il prendere il sole a Barcola) godendo l’attimo fuggente per non pensare ansiosamente alla precarietà della vita, per accantonare le domande su ciò che c’è oltre la sbarra della morte. E anche al suo incombere improvviso come quando giunge per un incidente o per una grave malattia, o anche quando sembra non arrivare mai ed estenuare una vita piena di interrogativi. Si tratta di domande che la nostra cultura – spesso più agnostica che atea – ci invita a rimuovere”, osserva mons. Trevisi. Facendo riferimento al modo (tipicamente triestino) di celebrare i funerali quasi sempre al cimitero, il vescovo incoraggia “a celebrare le esequie nelle chiese parrocchiali perché significa ritrovarci in un contesto dove siamo aiutati a raccoglierci con rispettoso silenzio, con umile preghiera, dentro una trama di rapporti familiari e amicali che possono esprimersi meglio e non nella ristrettezza dei tempi prefissati dall’agenda del cimitero”. Anche “al presbitero che celebra le esequie si dà la possibilità di una parola più appropriata, di poter ascoltare dai familiari il grido di dolore, il gemito di speranza, l’inquieta domanda del perché della morte. È possibile dirci in modo più umano, e dunque più cristiano, le fragilità e le virtù, i sogni interrotti e le attese che coltiviamo verso Dio e la vita”. Mons. Trevisi auspica che “nei momenti del dolore e del lutto la comunità cristiana trovi la fantasia del linguaggio della prossimità, della solidarietà, della consolazione, della fede nel Dio della vita che vince le angosce della morte”. Il presule incoraggia, “se non ci sono le condizioni di poter celebrare la messa delle esequie”, che “ugualmente in chiesa si trovino i tempi per celebrare insieme l’eucarestia di suffragio. La misericordia di Dio arriva e non attende la nostra preghiera, ma noi abbiamo bisogno di ritrovarci e insieme pregare, e insieme affidare a Dio i nostri cari defunti. Non capiti che ci diamo il tempo per trovare costose location per celebrare riti collettivi per la laurea o il compleanno o l’addio al celibato, e non ci diamo tempi e spazi adeguati per vivere la reciproca vicinanza nel momento del lutto”.