Croci divelte dai tetti, bibbie e cimitero profanati, almeno cinque chiese bruciate, cristiani costretti a fuggire dalle proprie case, molestati e picchiati, oggetti di valore saccheggiati: è accaduto ieri, 16 agosto, a Jaranwala, a 30 chilometri da Faisalabad, nello Stato del Punjab in Pakistan, dove una folla inferocita di cinque o seimila persone, urlando slogan estremisti, ha dato alle fiamme e vandalizzato numerose chiese e case appartenenti alla minoranza cristiana locale, circa 10.000 persone. I video giunti al Sir documentano le violenze.
Sono state colpite principalmente le chiese protestanti, e alcune case di cattolici, per fortuna senza nessuna vittima. La polizia ha effettuato circa 100 arresti. La violenza della folla è stata innescata da alcuni volantini diffusi il giorno prima, con i nomi di alcuni cristiani protestanti, che sembrano insultare il Corano. In Pakistan vige dal 1986 la legge sulla blasfemia, spesso usata come pretesto contro le minoranze. “Può darsi sia stata una provocazione fatta appositamente per aizzare l’odio contro i cristiani”, commenta al Sir Paul Bhatti, medico e fratello di Shahbaz Bhatti, il ministro delle minoranze religiose ucciso a Islamabad da fondamentalisti nel 2011. “Se qualcuno avesse insultato davvero il profeta Maometto la giustizia avrebbe dovuto verificare ed eventualmente punire i responsabili. Invece hanno cominciato a bruciare le chiese senza accertarsi che il fatto fosse vero”. Bhatti è rientrato ieri dal Pakistan e gli ultimi episodi, dopo un periodo di relativa calma, hanno riaperto una ferita e motivato a rinnovare la battaglia e gli appelli: “Spesso le persone che commettono questi atti violenti rimangono impuniti. La comunità internazionale dovrebbe chiedere al Pakistan giustizia contro i responsabili. Anche in Italia, parliamo tanto di dialogo interreligioso, vengono spesi dei soldi per la protezione dei cristiani, ma il lavoro va programmato bene, in modo da portare risultati concreti. Le persone vanno educate a partire dalle scuole. A questo deve portare il dialogo. Non si può promuovere l’odio contro le altre religioni”. La miccia è stata innescata da un membro della locale comunità musulmana che ha chiamato a raccolta i fedeli e incitato alla violenza contro i cristiani. “La polizia è arrivata ma non è riuscita a controllare la situazione”, dice Bhatti. I cristiani testimoniano di poliziotti rimasti inerti durante le violenze.
“Va fatta giustizia contro questi criminali, al contrario vengono puniti gli innocenti. E’ una ingiustizia per cui personalmente sono molto addolorato. Abbiamo sempre combattuto contro la discriminazione dei cristiani. Ma questa è attualmente la realtà”, afferma Bhatti. “I cattolici hanno avuto minori danni solo perché le chiese sono più protette dai vigilantes”, spiega. “Abbiamo cercato di coinvolgere persone del governo locale e leader religiosi, molti hanno riconosciuto che questi fatti sono contro l’Islam. Ma finché non vengono portati davanti alla giustizia e finché non prenderanno iniziative, a partire dall’educazione nelle scuole, per dire che questo non è accettabile in uno Stato civile, è difficile prevenire”. Altrimenti le minoranze religiose, in genere sotto la soglia della povertà, “vivranno sempre con timore e schiavitù. Nessuno protegge i più deboli. Anche la comunità internazionale deve fare pressioni e fare in modo che questo finisca”.
La legge sulla blasfemia punisce chi offende il profeta Maometto con il carcere, l’ergastolo o la morte. E’ stata introdotta dal presidente Muhammad Zia-ul-Haq ed è in vigore dal 1986. Il problema è l’uso improprio della legge e l’abuso, con frequenti casi di esecuzioni extragiudiziali. Secondo un rapporto del Centro per la ricerca e gli studi sulla sicurezza (Crss) dal 1947 al 2022 almeno 89 persone sono state uccise extragiudizialmente (71 uomini e 18 donne), 1.415 sono state le accuse di blasfemia (107 donne e 1.308 uomini). La cifra più alta (1.287 persone) è riferita al periodo dal 2011 al 2021. Il caso più famoso è stato quello di Asia Bibi, la madre di cinque figli condannata alla pena di morte e poi dopo anni di carcere rilasciata, anche grazie alla pressione della comunità internazionale. Negli ultimi anni la situazione è stata più tranquilla. Quest’anno sono state però uccise un paio di persone: uno a colpi di arma da fuoco, l’altro linciato dalla folla.