“A dieci anni da quello sbarco, ci chiediamo se non è possibile mettere fine a tutto questo, dopo tante esperienze come quella del 10 agosto del 2013”. Lo scrive in un messaggio l’arcivescovo di Catania, in occasione della commemorazione, ieri sera a Catania, del decimo anniversario del primo tragico sbarco avvenuto a Catania, alla Plaia, all’altezza del Lido Verde. In quella circostanza persero la vita 6 giovanissimi egiziani a pochi metri dalla riva. “La solidarietà dieci anni fa non è mancata e non mancherà mai, finché ci considereremo esseri umani e cristiani; ma facciamo appello alle forze politiche del nostro Paese, a quanti come cristiani sono dediti al servizio del bene comune: quanto tempo ancora si attenderà per una politica sugli immigrati che tenga conto della grave situazione dalla quale fuggono e che fa di loro delle persone semplicemente bisognose di corridoi umanitari? Fino a quando si chiuderanno gli occhi su ciò che precede l’arrivo sulle nostre coste, ossia le situazioni di violenza che vedono protagonisti i Paesi da cui partono, in cui sostano, in cui gli accordi tra nazioni non sono rispettose dei diritti umani?”, si chiede il presule. “È l’ora – la risposta – di una risposta politica, alla quale la nostra coscienza di credenti e Papa Francesco continuamente ci richiamano. È l’ora di una visione politica autenticamente cristiana sui nostri fratelli e sorelle immigrati, e su ciò che è dovuto loro in quanto persone. È l’ora in cui occorre avere una visione della situazione internazionale dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo attenta allo sviluppo integrale, che non può essere tale senza riconoscere i diritti umani e la democrazia”. L’arcivescovo auspica che, “mentre continua l’accoglienza e la tutela da parte dello Stato, mentre la generosità di associazioni e movimenti umanitari continuano senza sosta, si apra un confronto politico che non prescinda dall’analisi di ciò che sta accadendo sull’altra sponda del Mediterraneo”. Poi un invito a guardare “con speranza all’incontro di Marsiglia del settembre prossimo, nel quale ancora una volta la Chiesa vorrà essere ‘lievito nella massa’ perché l’Europa senta il Mediterraneo come luogo che unisce non solo progetti economici, ma progetti di pace, degni di Paesi democratici e delle appartenenze di fede che invocano Dio come Padre. Continueremo a ricordare non solo per un doveroso sguardo a chi non c’è più e a chi è sopravvissuto, ma perché la memoria sia maestra di etica e di politica”.