Bene del presbitero coinvolto nel trasferimento, bene spirituale della comunità parrocchiale, bene dell’intera comunità diocesana. Sono questi i tre criteri principali ai quali si è ispirato l’arcivescovo di Oristano, mons. Roberto Carboni, nella recente riorganizzazione pastorale della diocesi, che ha interessato 20 parrocchie ( poco meno di un quarto dell’intera Chiesa arborense), altrettanti Comuni, e 13 parroci, di cui sei appartenenti al clero regolare. “Siamo tutti consapevoli – ha scritto il presule nella lettera ai parroci e ai fedeli delle comunità coinvolte – che il numero dei preti disponibili per il ministero pastorale è notevolmente diminuito e, nonostante la generosità di molti sacerdoti, anche avanti negli anni, è ormai assai difficile riuscire ad assicurare un parroco a ogni comunità”.
L’arcivescovo ha cercato di far dialogare tra loro i tre criteri, “illuminati dal discernimento nella preghiera, per non ridurli solo a un esercizio di buon senso o a semplici valutazioni esteriori”. L’età, la salute, gli anni di ministero del prete in una determinata parrocchia, le attitudini peculiari del suo ministero pastorale, le fatiche e le difficoltà incontrate sono elementi importanti da tenere in gran conto quando si propone un trasferimento. “Per questo – ha aggiunto mons. Carboni – il dialogo con le persone interessate è di grande importanza per conoscere difficoltà oggettive e potenzialità, ma anche per stimolare l’apertura al cambiamento che la nuova destinazione necessariamente riserva e chiede”.
Nella lettera che accompagna le nomine l’arcivescovo ha proposto alcuni “consigli utili” ai parroci uscenti ed entranti. Andare in un’altra comunità parrocchiale “implica – raccomanda il presule – dare il giusto spazio al nuovo parroco che arriva e, con delicatezza e sensibilità, farsi da parte per permettere al confratello di iniziare il servizio ministeriale, in dialogo con la nuova comunità. In una parola esorto a non essere invadenti, e neppure a favorire nei fedeli quegli sterili e inutili pellegrinaggi e muri del pianto… ai quali, talvolta, purtroppo si assiste”. Altro criterio che ha guidato le nomine è il bene spirituale della comunità parrocchiale, che, a volte, soffre per la partenza di un sacerdote e inizialmente può vivere con una certa fatica l’accoglienza del nuovo parroco e, comunque, ha bisogno di tempo per dialogare col nuovo stile pastorale. L’arcivescovo ha esortato presbiteri e laici “ad avere un atteggiamento di rispetto di quanto è stato fatto prima di loro, di esercitare l’accoglienza e aprirsi a nuove metodologie, sensibilità e percorsi pastorali”. Da francescano, mons. Carboni ha chiesto a tutti di puntare all’essenziale della vita cristiana: l’incontro con il Signore e la carità da vivere tra fratelli e sorelle. Prima di imporre modifiche, occorre convertire i cuori, aprendoli a nuove mentalità e prospettive. “Diversamente – ha ammonito l’arcivescovo – i cambiamenti saranno sentiti come una imposizione o, peggio ancora, come una prevaricazione esercitata dal nuovo arrivato”.
Per quanto riguarda il bene della comunità diocesana, mons. Carboni ha infine ricordato che “uno tra gli obiettivi, iniziato già da tempo, è quello di camminare verso una sempre maggiore collaborazione delle zone pastorali, dove diversi sacerdoti si sforzano di lavorare fraternamente. Anche le diverse comunità parrocchiali sono chiamate ad aprirsi per fare decisi passi di comunione con le altre comunità, specie le più vicine”.