“Urge una forte rivisitazione della teologia dei ministeri. La ministerialità va mantenuta nel segno della diaconia che nasce da una investitura carismatica, funzionale alla edificazione costante della comunità. Ma il carisma è appunto un dono che viene fatto ai battezzati e alle battezzate in Cristo. I carismi dello Spirito hanno una duplice funzione: coinvolgere il credente nell’opera che Dio compie nella storia, anche nella sua storia personale, biografica; edificare e consolare la comunità ecclesiale”. Lo ha detto Davide Romano, direttore dell’Istituto avventista Villa Aurora di Firenze, intervenendo ad Assisi sul tema “Uno snodo critico: Chiesa, ministeri, donne”, alla sessione di formazione ecumenica, promossa fino a sabato 29 luglio dal Sae. Il teologo ha sostenuto che “nella storia della Chiesa ci sia stata un’accentuazione sul ruolo dell’episcopo e la progressiva estenuazione della collegialità nella Chiesa” e ha riconosciuto che oggi, in ambito cattolico, “vi è una feconda e vivace discussione sulla sinodalità della Chiesa”. “Il protestantesimo, dove più dove meno, sente di aver comunque fatto proprio senza particolari riserve il modello sinodale di Chiesa. Nelle Chiese evangeliche, specie quelle riformate, il ruolo episcopale è esercitato da un organo collegiale: consiglio, concistoro, sinodo, assemblea. La sinodalità della Chiesa non è però acquisita per sempre – è pur sempre un cammino fatto insieme, insieme sulla stessa via – e non è detto che funzioni sempre nella maniera virtuosa. Le Chiese protestanti hanno senz’altro potuto fare esperienza di comunità più egualitarie, inclusive e accoglienti”. Nel 1967 in Italia è stata consacrata la prima pastora valdese, dal 1979 con il Patto d’integrazione il pastorato è stato aperto anche alle donne metodiste; dagli anni ’80 sono state consacrate pastore le battiste e le luterane. “La Chiesa avventista – ha osservato il pastore – non ha ancora risolto in modo convincente il tema della parità di genere nei cosiddetti ministeri ordinati”: “Ne parliamo in maniera serrata dagli anni ‘60 anche noi, con la continua istituzione di commissioni di studio. Le donne hanno delle responsabilità, perché sovente per rispettare il sensus ecclesiae non hanno voluto assumere iniziative atte a sollevare il problema. Le diacone e le anziane hanno la loro ordinazione, ma non ancora le pastore, che posseggono la qualifica però non ancora la consacrazione attestata. Nella Bibbia non ci sono impedimenti all’ordinazione ministeriale delle donne, ma quando c’è da ratificare questo tema a livello mondiale nella nostra Conferenza generale, negli Stati Uniti, la maggioranza dei delegati che provengono dall’Africa non vogliono l’ordinazione delle donne”.
Il teologo ha concluso proponendo sei tesi sulla Chiesa che potrà venire: “La Chiesa di Gesù, con una pluralità di forme, dovrà sempre più essere strutturalmente plurale nel rispetto dei generi e delle generazioni. La pluralità, cioè una vera e compiuta sinodalità, non potrà più essere solo un possibile modello organizzativo tra altri. La Chiesa di Gesù potrà solo essere egualitaria, cioè ciascuno deve sentirsi ugualmente accolto alla mensa del Signore come discepolo e come discepola del Risorto. E ciascuno, ciascuna deve sentire come decisiva la propria presenza per la comunione e la riuscita della missione. La Chiesa di Gesù può solo essere carismatica, cioè nutrita dai doni dello Spirito e dalla sua presenza. La ministerialità potrà essere vissuta solo nella consapevolezza della uguaglianza di status tra battezzati e battezzate. La Chiesa di Gesù sarà disciplinata dai comandamenti di Dio. La libertà non vorrà mai fraintendere la disciplina e la disciplina non potrà contendere con la libertà evangelica. La Chiesa di Gesù non si identificherà con un popolo, una nazione, un governo, perché ogni volta che lo ha fatto ha smarrito sé stessa. La Chiesa di Gesù è molteplice ed ecumenica ed escatologica. Le molte voci e le diverse tradizioni sono non un accidente storico, ma un volere dello Spirito che unifica diversificando”.