“Il Vaticano II ha sancito una cesura che riguarda la comprensione del ministero ordinato la cui funzione è nel servire la fede apostolica e il noi ecclesiale. Il Vaticano II abbandona lo schema del ‘potere sacro’ e del ‘potere di giurisdizione’ e sceglie di ritornare alla fonte sacramentale, alla forma tripartita – vescovo, presbiteri, diaconi -, a una visione collegiale, e sceglie i tre munera Christi: munus docendi, munus santificandi, munus regendi ac pascendi”. Lo ha detto a teologa cattolica Serena Noceti, intervenendo ad Assisi sul tema “Uno snodo critico: Chiesa, ministeri, donne”, alla sessione di formazione ecumenica, promossa dal Sae. “Il tutto parte dal riconoscimento della sacramentalità dell’episcopato e la restituzione del diaconato come un grado autonomo e permanente con una funzione liturgica e con funzioni pastorali – ha spiegato Noceti -. Nel caso del diaconato abbiamo un ministero ordinato non sacerdotale come dice Lumen Gentium 29. Da questi elementi ho tratto un’indicazione. Per un dibattito sul ministro ordinato alle donne dobbiamo partire da questa teologia conciliare del ministero ordinato. Non la teologia della rappresentanza cristologica, sacerdotale, ontologica, dell’agire in persona del Cristo capo che era propria del Concilio di Trento e che in alcune forme è tornata negli anni ’80 e ’90. Questo cambia proprio la prospettiva”. Perciò, la teologa ha affermato che “il diaconato è possibile ed è anche necessario non solo per le donne ma per la Chiesa. Perché è un ministero ordinato non sacerdotale ed è una modalità di vivere il ministero ordinato non sacrale e questo costringe tutti i ministri ordinati a ripensarsi. Non è una concessione di grado inferiore, ma una correlazione ministeriale diversa”. Per Noceti, “è importante ricordare che il diaconato non è un ministero istituito. Ad Gentes 16 riconosce uomini che già esercitano funzioni diaconali e che giova alla Chiesa che si impongano le mani su di loro. Io penso che questo andrebbe pensato anche per le donne che già esercitano ministeri diaconali enumerati dal decreto. Visto che nella tradizione non c’è niente contro, anzi abbiamo più di un centinaio di attestazioni di donne diacono nell’antichità, e visto che abbiamo riti che ritengo di ordinazioni diaconali, giova alla Chiesa questo passaggio. Non esiste riforma missionaria e sinodale della Chiesa, come chiede Papa Francesco, senza una riforma dei ministeri ordinati e il riconoscimento dei ministeri istituiti, passo che già Francesco ci ha fatto fare”. Al termine del suo intervento la teologa ha osservato: “Nel presente il passato, che è sempre istruttivo, non può pretendere di essere necessariamente normativo. Noi non siamo governati dal passato, ma dall’adattamento della tradizione ai bisogni dell’oggi. La storia ci può solo aiutare a decidere quali siano le cose essenziali di una tradizione e i parametri dell’adattamento”.