Una preghiera per tutte le persone coinvolte, in particolare per Gloria (nome di fantasia) e per i suoi familiari: è quello che sente di esprimere il vescovo di Treviso, mons. Michele Tomasi, alla notizia della morte della signora trevigiana, malata oncologica, che ha scelto di porre fine alla propria vita con la procedura del suicidio medicalmente assistito, reso legale nel nostro Paese, a determinate condizioni, da una sentenza della Corte costituzionale del 2019.
“È sempre difficile prendere posizione su casi singoli, perché è impossibile conoscere i drammi, le fatiche, le sofferenze legate a certe scelte, soprattutto se dolorose ed estreme. In particolare, è difficile dare valutazioni in un caso, come questo, sul quale ci sono solo informazioni di stampa”, afferma il presule.
“Credo che come comunità cristiana siamo chiamati in modo particolare alla preghiera e alla vicinanza verso chi soffre – sottolinea mons. Tomasi –. Sono tornato da pochi giorni da Lourdes, dove si assiste quotidianamente a un incontro straordinario di relazioni di amore e di cura per la vita: gli ammalati, anche molto gravi, che vengono accompagnati e accuditi in ogni momento e in ogni loro necessità, e le persone che si prendono cura di loro. Anche nelle nostre realtà ‘ordinarie’, nelle nostre comunità, tutti, singoli, famiglie, istituzioni, dobbiamo farci carico davvero della vita, insieme, dobbiamo continuare ad allearci per prenderci cura di ogni vita, soprattutto la più fragile, affinché chi soffre trovi accanto a sé presenze amiche e competenti, affinché non prevalgano solitudine e impotenza, e si possano offrire a tutti ragioni di speranza. C’è tanto impegno che possiamo mettere in campo, a livello personale e della comunità nel suo complesso. Il Signore Gesù, Crocifisso e Risorto ci sostiene sulla strada del dono di noi stessi”.
I vescovi del Triveneto erano intervenuti sul delicato tema del “fine vita” nel loro recente incontro di maggio, anche alla luce del dibattito in corso a livello regionale e nazionale. I vescovi avevano ribadito che nessuno va mai lasciato solo, ma va sempre accompagnato e sostenuto, in particolare attraverso il maggiore ricorso alle cure palliative, oggi sempre più efficaci e fruibili, e anche potenziando il sistema di strutture che le possono garantire. Nello stesso tempo, i vescovi ribadivano il no ad ogni forma di accanimento o abbandono terapeutico. Importante, su tali temi – aggiungevano –, è creare e consolidare un terreno comune di sensibilità e attenzione al bene e alla vita per favorire l’aiuto, l’accompagnamento e il sostegno in ogni situazione e senza dover cedere – anche per via di legge – a differenti forme di eutanasia o suicidio assistito.