“Nel 1957 quando al Congresso delle Acli arrivò la notizia della morte di Di Vittorio, gli aclisti si alzarono in piedi per rispetto e recitarono il requiem per lui ricordando la battaglia comune per l’unità dei lavoratori. Abbiamo bisogno di battaglie comuni nel mondo del lavoro”. Così il presidente delle Acli, Emiliano Manfredonia, che ha ospitato nella sede nazionale dell’associazione, a Roma, il seminario di studi dal titolo “La centralità della persona. Per un rinnovamento delle culture democratiche e del lavoro”, organizzato dalla Fondazione Achille Grandi e dalla Fondazione Giuseppe di Vittorio. “Trentin e Sassoli costituiscono una sfida per le culture democratiche che sono in crisi oggi, il personalismo è il terreno comune che ha permesso di scrivere gli articoli più belli della nostra Costituzione nel segno della libertà e della Liberazione. Oggi – ha osservato Manfredonia – ci troviamo davanti a nuove frontiere della scienza e della bioetica, c’è l’avanzare dell’intelligenza artificiale, del capitalismo liberista, della deturpazione dell’ambiente. Il personalismo è la risposta a queste sfide? Per noi la risposta è sì. Il personalismo è una sfida e un elemento dinamico nella dialettica tra istituzioni e la vita, per la dignità della persona. Dobbiamo declinare questo principio al futuro per rigenerare la democrazia oggi ed è una responsabilità anche delle forze sociali, delle associazioni, dimostrando ai cittadini che la loro partecipazione conta e può cambiare le cose”. Il presidente delle Acli ha aggiunto: “Bisogna credere nella possibilità di creare politiche di welfare che possono far emergere il vero valore delle persone. In una società dove domina l’assenza di responsabilità collettiva e sociale, dove la ricchezza si accumula senza mai essere redistribuita, crea sacche di povertà e disagio che possono solo arrivare a sfogarsi nella violenza”. Manfredonia ha concluso: “L’Europa deve farsi carico di una pace dentro e fuori i suoi confini, fatta di giustizia e libertà” .