“Il Codice nacque in uno dei momenti più bui della lunga notte della guerra. Dobbiamo constatare che la pace non è mai un bene perpetuo neanche in Europa. Questa consapevolezza dovrebbe muoverci a responsabilità e decisioni!”. Lo ha detto il card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, nella prolusione “Vocazione di cristiani e coscienza di cittadini: i cattolici e l’Italia” al convegno “Il Codice di Camaldoli. Tra mito e storia una vicenda ricolma di futuro a ottant’anni dal convegno del luglio 1943” in corso al Monastero di Camaldoli. Anche allora, ha ricordato il cardinale, “c’era un Papa che – come oggi Francesco – parlava senza sosta di pace: Pio XII. Perché la posizione dei papi del Novecento – tutti – è farsi carico del dolore della guerra, cercando in tutti i modi vie di pace, curando le ferite dell’umanità e favorendo la soluzione dei problemi. Pio XII credeva nella pace e si pose con forza il problema del ‘dopo’: ricostruire la società e l’ordine internazionale”. “La presenza politica, che avrebbe segnato la ricostruzione e decenni successivi, rinasceva dal grembo della cultura”, ha aggiunto il card. Zuppi: “Uno dei problemi di oggi è invece proprio il divorzio tra cultura e politica, non solo per i cattolici, consumatosi negli ultimi decenni del Novecento, con il risultato di una politica epidermica, a volte ignorante, del giorno per giorno, con poche visioni, segnata da interessi modesti ma molto enfatizzati. Dovremmo diffidare di una politica così, ma spesso ne finiamo vittime, presi dall’inganno dell’agonismo digitale che non significa affatto capacità, conoscenza dei problemi, soluzione di questi”.