Una messa per non dimenticare: così mons. Renna, arcivescovo di Catania, ha definito, ieri, 19 luglio, la celebrazione nella chiesa di San Placido a Catania, nel 31° anniversario della strage di Via D’Amelio a Palermo. “La mafia – ha detto il vescovo durante l’omelia – trentuno anni fa ha ancora fatto sentire la sua mano opprimente, proprio il 19 luglio in Via d’ Amelio, facendo strage di un giudice, Paolo Borsellino, e della sua scorta composta da cinque agenti. Una delle tante date che non vogliamo dimenticare, perché i popoli senza memoria sono destinati a ripetere o a vedere ripetere gli errori del passato, a vedere replicati i ritardi, i tentennamenti, anche i vuoti di carattere giuridici di cui può approfittare che pretende di essere uno stato nello stato, con le sue regole, i suoi capi, i suoi loschi bilanci”.
All’interno della chiesa molti i rappresentanti delle istituzioni. “La nostra storia dimostra che è necessario avere una coscienza del problema che investe tutti i cittadini e le istituzioni, che elabora una cultura della legalità che ha bisogno di un diritto certo e forte, con interpretazioni e applicazioni che non lasciano nel dubbio, e che sia punto di riferimento per l’etica pubblica. Sappiamo di non essere nell’anno zero di tale cultura istituzionale, soprattutto del diritto, e sappiamo anche che la legislazione che noi abbiamo è stata scritta anche con il sangue delle vittime della mafia, della ‘ndrangheta, della camorra, di chi, con la sua esperienza e le sue intenzioni, si è esposto a punto tale da essere condannato a morte dai ‘processi sommari’ dei capi mafiosi, che hanno come unico criterio la conservazione di un potere demoniaco che vive del sangue degli impoveriti dei suoi affari. Sono caduti politici, magistrati, uomini delle forze dell’ordine, collaboratori e collaboratrici della giustizia, sacerdoti, in una vera e propria strage di popolo, il cui sacrificio non è stato vano, perché, di fronte all’efferatezza della mafia-faraone, il legislatore ha perfezionato gli strumenti per neutralizzare l’agire criminale, il cittadino ha acquisito più forza per denunciare, le nuove generazioni hanno acquisito un maggiore senso critico”.
L’arcivescovo ha più volte invogliato i presenti a fare rete, per promuovere iniziative e rendere queste giornate sempre più incisive per la città. “Viviamo ogni data in cui c’è stata una vittima della mafia, come un giorno che ci richiama alla responsabilità: così faremo anche a settembre, per ricordare il beato Pino Puglisi, a trent’anni dal suo martirio. Per questo facendo memoria guardiamo al presente con il carico di impegno che ci chiede un tempo in cui la mafia è silente e ricca, si nutre del commercio di droga, fa pressione sull’economia e sulle amministrazioni, ricicla ovunque i soldi che grondano sangue. Per questo siamo qui: per ribadire un impegno civile che abbraccia tutti i cittadini e vuole scrollarsi definitivamente di dosso il passato, il giogo dell’omertà, dell’indifferenza, della sordida connivenza: è un cammino impegnativo, ma che si nutre di questa fiducia, le parole del Signore dette a Mosè e ad ogni uomo che vuole liberare dai faraoni di ogni tempo: ‘Io sarò con te'”.