Denatalità: Rosina (Università Cattolica), “la transizione demografica ha portato cambiamenti sul piano sociale ed economico. In Italia situazione critica”

(Foto: da diretta seminario studio Università Cattolica)

“Un tempo si avevano 5 o 6 figli a famiglia. Oggi l’equilibrio è garantito da 2 figli per donna. L’attesa è che alla fine della transizione demografica vada a stabilizzarsi su questa cifra. Se il tasso di fecondità fosse superiore a due ci sarebbe una crescita della popolazione all’infinito. Una fecondità sotto i 2 figli per donna ci porterebbe verso l’estinzione. Con l’aumento della longevità c’è stato un aumento della popolazione. Ma se diminuisce la fecondità nel tempo si crea uno squilibrio”. Lo ha detto, stamattina, Alessandro Rosina, ordinario di Demografia all’Università Cattolica, intervenendo, con una relazione dal titolo “Politiche demografiche e ricadute socioculturali”, al seminario di studio “La denatalità in Italia: eziologia e politiche di intervento”, promosso dal Centro di ricerca e studi sulla salute procreativa (Cerissap) della Facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università Cattolica.
“La transizione demografica ha portato cambiamenti sul piano sociale ed economico. Alla società e all’economia servono condizioni nuove adeguate. Questo oggi è messo in crisi: una buona qualità della vita e un’aspettativa di vita più lunga non sono connesse a una fecondità stabile su due e quindi non c’è più un equilibrio intergenerazionale”, ha osservato il demografo, andando poi a considerare in particolare la situazione nel nostro Paese: “In Italia il tasso di fecondità è più basso di due, quindi possiamo dire che è basso, ma anche per un secondo motivo è basso: i figli sono meno di quelli che si vorrebbero. In Italia il valore di figli desiderato sarebbe intorno a due, mentre quello realizzato è 1,24. Sul divario tra il tasso di figli desiderato e il tasso di figli realizzato devono intervenire politiche ad hoc”.
C’è un terzo elemento da tener presente: il confronto tra i valori in Italia e gli altri Paesi. “Indubbiamente sul numero di figli incidono gli anni di formazione più lunghi, l’ingresso nel mondo del lavoro ritardato e il raggiungere una stabilità economica, l’incertezza nei rapporti di coppia, i problemi abitativi, l’invecchiamento della popolazione e l’aver i genitori a carico: sono tutti elementi che incidono sui figli che si hanno o anche sulla decisione di posticipare la scelta di avere figli, che spesso si traduce – sia per questioni oggettive sia per politiche mancate – in una rinuncia ad avere figli”, ha precisato Rosina.

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