L’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi), Emergency, Medici senza frontiere (Msf), Oxfam Italia e Sos Humanity presentano un reclamo alla Commissione europea per chiedere un esame della nuova legge italiana in materia di gestione dei flussi migratori (15/2023). “La nuova normativa – affermano le Ong – solleva gravi preoccupazioni riguardo la sua compatibilità con il diritto dell’Unione europea (Ue) e gli obblighi degli Stati membri ai sensi del diritto internazionale in materia di attività di ricerca e salvataggio in mare”. La nuova legge italiana prevede che le imbarcazioni si dirigano senza ritardi verso il porto assegnato dopo la prima operazione di salvataggio, limitando così l’azione delle imbarcazioni nel fornire assistenza ad altre barche in difficoltà. La norma obbliga, inoltre, i capitani a fornire alle autorità italiane informazioni non meglio specificate sul salvataggio effettuato, portando a una richiesta di informazioni eccessive. La nuova legge è aggravata dalla recente prassi delle autorità italiane di assegnare porti lontani per lo sbarco. Questa politica non è prevista da alcuna normativa, ma è diventata una pratica comune dal dicembre 2022, facendo aumentare significativamente i tempi di viaggio e limitando di conseguenza la presenza delle navi umanitarie nella zona di ricerca e soccorso. Le cinque Ong ritengono che “la combinazione di queste misure imponga restrizioni ingiustificate alle operazioni di ricerca e soccorso e limiti drasticamente la loro capacità di salvare vite in mare”. “Le persone soccorse provengono da paesi colpiti da guerre, cambiamenti climatici e violazioni dei diritti umani” spiega Carlo Maisano, coordinatore Life Support di Emergency. “Spesso sono in condizioni di estrema fragilità, aggravate da altro tempo trascorso in mare”. Il 23 febbraio 2023, la legge 15/2023 (al tempo ancora decreto-legge) è stata applicata per la prima volta quando l’Autorità portuale di Ancona ha notificato a Medici senza frontiere un ordine di fermo di 20 giorni per la sua nave (Geo Barents) e una multa di 5.000 euro per non aver fornito informazioni che non erano mai state chieste prima.
Da allora, le autorità italiane hanno fermato altre quattro navi umanitarie di ricerca e soccorso – Aurora , Louise Michel, Sea-Eye 4 e Mare*Go – per un periodo di 20 giorni ciascuna per violazione della nuova normativa. Questo significa un totale di 100 giorni persi per le navi umanitarie di ricerca e soccorso, mentre non si sono interrotti i pericolosi viaggi in mare e i naufragi nel Mediterraneo. “Le persone salvate in mare sono giuridicamente naufraghe, prima che migranti, ed il loro ingresso sul territorio nazionale attraverso il salvataggio in mare non può essere considerato in contrasto con la normativa sull’immigrazione. L’obbligo di soccorso è, infatti, inderogabile e non limitato e, vale ribadire, prescinde dalla qualifica soggettiva della persona soccorsa”, sottolinea l’avv. Lorenzo Trucco, presidente Asgi.