Colombia: i vescovi denunciano la violenza armata contro la popolazione nel sudest del Paese

Mentre a livello governativo si firmano i cessate-il-fuoco, in particolare quello con l’Esercito di liberazione nazionale, e si aprono nuovo tavoli di dialogo, come quello con la dissidenza Farc che fa capo a Iván Mordisco, nelle periferie del Paese la popolazione continua a patire le conseguenze del conflitto tra gruppi armati. In considerazione della grave crisi sociale e umanitaria di cui soffrono molte comunità del dipartimento sudoccidentale di Valle del Cauca, l’arcivescovo di Cali e i vescovi di Palmira, Cartago, Buga e Buenaventura hanno diffuso ieri un comunicato in cui chiedono agli attori armati illegali di “cessare ogni tipo di molestia e di attacco alla vita e alle proprietà delle persone e delle famiglie della regione, nonché al creato”.
Nel messaggio, mons. Luis Fernando Rodríguez Velásquez (Cali), mons. Édgar de Jesús García Gil (Palmira), mons. César Alcides Balvín Tamayo (Cartago), mons. José Roberto Ospina Leongómez (Buga) e mons. Rubén Darío Jaramillo Montoya (Buenaventura), fanno proprio l’appello alla pace che la settimana scorsa è stato rivolto al Paese dalla Conferenza episcopale colombiana, e aggiungono che questa urgenza si inquadra nella “dolorosa situazione di incertezza, ansia e paura che una buona parte della nostra popolazione sta soffrendo a causa di attentati, omicidi, sequestri, sfollamenti, sparizioni, reclutamenti forzati, estorsioni e minacce di vario genere, soprattutto nei confronti di giovani – uomini e donne – e di piccoli e grandi imprenditori”. Situazioni di questo tipo si sono verificate, di recente, nei Comuni di Tuluá, Buenaventura, Jamundí e Cali. I vescovi ribadiscono la necessità del “rispetto per la dignità e la dignità della persona umana e la dignità di tutte le persone”.
Di fronte alla necessità di rafforzare l’impegno del Governo con progetti concreti in tutte le zone del Paese, interviene, attraverso il Sir, anche il mons. Darío de Jesús Monsalve Mejía, arcivescovo emerito di Cali, che sta seguendo le trattative tra il Governo colombiano e la guerriglia dell’Eln: “Quando i processi di pace guardano alla progressiva deposizione delle armi e alla trasformazione del conflitto armato in un processo sociale, produttivo e politico, ripristinando comunità e territori, coinvolgono indubbiamente risorse statali. Non si tratta di soldi sì o no. È per cosa e come”, afferma, proseguendo: “La Colombia potrebbe essere un punto geostrategico per la pace in America, come magari lo è la Francia per l’Europa o l’India per l’Asia, o forse l’Egitto per l’Africa. Oggi l’agenda globale, quella dei mercati globali che controllano gli Stati sovrani, deve bilanciare le dinamiche socio-ambientali per evitare l’esplosione di proteste climatiche e popolari a cascata e a ondate gigantesche. È da questo quadro globale che guardo al nostro locale. E credo che il nostro orologio storico segni questi angoli di mondo come chiavi geostrategiche della pace mondiale”.

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