Facendo riferimento al ministero di presidenza del vescovo e pensando in particolare a due figure, quella del cancelliere e quella dell’economo diocesano, oggi pomeriggio mons. Roberto Repole, arcivescovo di Torino e vescovo di Susa, ha offerto un’ulteriore prospettiva per come rispondere alle difficoltà che si vivono nelle aree interne. Nella sua relazione sul tema “Voltare pagina? L’esercizio del ministero ordinato nelle zone interne: per una riflessione teologico-pastorale” all’incontro dei vescovi delle aree interne, organizzato oggi e domani a Benevento, il presule ha osservato, pur rilevando le dovute differenze: “Si può ipotizzare che tutto il servizio riguardante il lavoro di ufficio e la preparazione e gestione dei documenti necessari a vari livelli, sul piano parrocchiale o anche interparrocchiale, possa essere svolto da una persona investita di un ministero proprio e, per ciò stesso, riconosciuta dall’intero popolo di Dio. Al presbitero potrebbe spettare qualcosa di simile al compito che spetta al vescovo rispetto ai documenti della diocesi che, nel caso della presenza di un cancelliere efficiente, è davvero ben poca cosa e si limita spesso solo ad una sorta di supervisione”.
Un’analogia ancora più stretta si può invece immaginare a proposito del compito amministrativo ed economico: come il vescovo nomina un economo “veramente esperto in economia e particolarmente distinto per onestà”, si può “immaginare un servizio analogo a livello di una parrocchia o, pensando alle zone rurali, soprattutto a livello interparrocchiale”. “Se si prende sempre più atto che esiste la possibilità di un diritto diocesano, forse troppo poco sfruttata – ha evidenziato mons. Repole -, si può immaginare la decisività di istituire nelle zone interne, con una normativa adeguata, figure ministeriali analoghe a quel che l’economo è sul piano della diocesi. Si tratta di individuare cristiani dotati della giusta ed adeguata competenza, in un confronto previo con il consiglio o i consigli per gli affari economici della parrocchia o delle parrocchie e affidare ad essi il compito dell’amministrazione concreta. Anche in questo caso si può pensare che il consiglio o i consigli per gli affari economici siano chiamati a offrire un servizio di indirizzo e di controllo.” Allo stesso modo “si può ipotizzare che il presbitero eserciti la sua autorità, senza che questa si concretizzi nell’occuparsi concretamente dell’amministrazione o delle scelte e della conduzione dei lavori di volta in volta necessari; ma sia, appunto, una autorità di episcopè, di sorveglianza perché tutta la dimensione economica ed amministrativa, pur godendo della giusta autonomia, non venga intesa e condotta con criteri altri da quelli evangelici ed ecclesiali e rimanga pertanto a servizio di ciò che la Chiesa è e della missione che è chiamata a svolgere”.