Sant’Antonio: mons. Cipolla (Padova) e fra’ Ramina (rettore basilica), “ci aiuta a individuare una strada per servire gli uomini e le donne di oggi”

“Antonio, a distanza di tanti secoli, ci aiuta a individuare una strada per servire gli uomini e le donne di oggi. E questo è il senso ultimo anche del Sinodo che la nostra Chiesa di Padova sta celebrando”. Lo hanno scritto mons. Claudio Cipolla, vescovo di Padova, e fra’ Antonio Ramina, rettore della Basilica del Santo, nel loro messaggio congiunto in occasione della festa di sant’Antonio, che ricorre il 13 giugno.
Una ricorrenza – osservano – che “ci trova quest’anno, ancora una volta, con il cuore desideroso di pace, di una pace che sembra sempre più lontana, che si fa sempre più desiderare perché, ai conflitti già attivi un anno fa – in Ucraina e non solo – se ne sono aggiunti altri – in Sudan e non solo. Alla violenza della guerra si assommano, in queste settimane, le sofferenze a noi vicine dei nostri fratelli e sorelle della Romagna che hanno visto in pochissimo tempo andare in frantumi abitazioni, luoghi di lavoro e, purtroppo, anche morire tragicamente persone care”.
“Vogliamo innanzitutto metterci dinanzi alla testimonianza di vita di sant’Antonio, per lasciarci ispirare dal suo stile e per cercare d’imparare qualcosa dalla concretezza della sua fede vissuta”, proseguono il vescovo e il rettore, sottolineando che “Antonio è l’uomo del Vangelo. Noi custodiamo nel cuore la ferma certezza che il Vangelo abbia molto da dire per la vita degli uomini e delle donne, per guardare a un futuro sostenibile e umano, per alimentare la forza delle speranze che, pur riguardando le cose materiali e organizzative, rimandano a qualcosa di immateriale e di spirituale”. Di sant’Antonio mons. Cipolla e fra’ Antonio Ramina ricordano “il bisogno umanissimo di darsi degli obiettivi, ma anche il coraggio di saperli modificare ogniqualvolta la vita glielo ha chiesto”. “Forse – affermano – noi conosciamo di più l’atteggiamento di chi non si dà alcuna meta, e vive in modo ondivago e distratto; oppure la testardaggine di rimanere a tutti i costi aggrappati a obiettivi che non sanno tenere conto della vita degli altri, del gemito della creazione”. “Antonio ci suggerisca la bellezza feconda di saperci orientare verso ciò che è davvero all’altezza della nostra umana dignità, verso un tempo futuro che sappia sbilanciarsi e rischiare in favore della gioia e della vita degli altri”. “Sant’Antonio sapeva parlare, ma sapeva anche agire”, proseguono, esortando: “Il richiamo alla concretezza divenga per noi generoso impegno a non lasciar cadere l’appello di aiuto dei nostri fratelli e sorelle che vivono nella precarietà”.
Vescovo e rettore ribadiscono che “rimane vivo (…) il grande anelito affinché ritorni la pace. Cosa possiamo fare? Se non siamo in grado di agire direttamente nelle decisioni dei potenti, possiamo però portare sulle nostre spalle almeno un po’ del peso che grava su chi patisce la violenza delle armi. Come? Dedicandoci alla comunione fra di noi, non lasciando che crescano a dismisura le pareti della discordia; mandando in frantumi le barriere dell’indifferenza”. “La pace – sottolineano – inizia sempre dai nostri cuori e probabilmente nessuna pace nel mondo è pensabile se noi, per primi, non facciamo l’esperienza del volto buono di Dio, che si china su di noi per rimetterci in sesto riabilitati dal suo abbraccio paterno”. Per questo, “forse il dono più incredibile che possiamo sempre scambiarci, tra fratelli e sorelle” è “quello del perdono reciproco, fatto di abbracci e di sguardi che incarnano la misericordia del Signore per tutti noi suoi figlie e figlie”.

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