“Il principio della fraternità in agricoltura è ancora più necessario nel contesto storico attuale, nel quale la cura condivisa del territorio, soprattutto di quello rurale come avveniva nel passato, può prevenire disastri idrogeologici e può facilitare un uso condiviso di beni come le risorse idriche, soprattutto nei periodi sempre più frequenti di siccità”. Lo sottolinea la Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace della Cei, nel messaggio, intitolato “Lo stile cooperativo per lo sviluppo dell’agricoltura” e diffuso oggi, per la 73ª Giornata nazionale del ringraziamento, che si celebra il 12 novembre 2023. “Di fronte ai cambiamenti climatici, azioni condivise, sostenute anche dallo stile cooperativo, permettono di mettere in atto un’opera formativa che affronti insieme, superando ogni tentazione egoistica, i disagi sempre più frequenti causati dalle calamità naturali”, evidenziano i vescovi.
“La Giornata del ringraziamento diventa occasione per lodare il Signore per il dono del fratello che condivide il nostro stesso lavoro, permettendo di vivere l’esperienza di comunità nell’attività agricola, non solo a livello familiare e aziendale, ma anche nello stile cooperativo. Ci consente di riflettere anche sul suo senso, che può creare opportunità di condivisione, e può far sì che i territori rurali, soprattutto nelle aree interne, siano rigenerati e ripopolati. In questo tempo di Cammino sinodale, ascoltarsi e fare discernimento sullo stile con cui viviamo il nostro lavoro può aprire a percorsi capaci di farci riscoprire la cooperazione”, afferma la Cei.
“Siamo cooperatori nella creazione e, quindi, cooperiamo tra di noi. Impegniamoci a gestire l’acqua, la terra e l’energia in modo fraterno – l’invito dei vescovi italiani -. Educhiamoci a condividere gli strumenti dell’agricoltura, a pensarci in connessione con la vocazione agricola dei territori, ad accogliere il lavoro come una chiamata a sfamare i popoli della terra”. Ricordando quanto Papa Francesco scrive nella “Fratelli tutti”, ossia che “nessuno si salva da solo” e “ci si può salvare unicamente insieme” (n. 32), la Cei conclude: “Non si tratta di un insegnamento valido solo per il tempo della pandemia, ma è un’acquisizione di cui dovremmo fare sempre tesoro. È un’opportunità per sentirci corresponsabili del mandato di prenderci cura della casa comune ed essere custodi dei nostri fratelli”.