Il Cerro Quema, un’area di grande ricchezza idrica nell’ovest di Panama, nel distretto di Tonosí, è a rischio di contaminazione a causa dell’attività mineraria. È l’allarme lanciato dalla diocesi di Chitré, dalla Caritas e dalla Rete ecologica ecclesiale mesoamericana (Remam). Dal 1997 la società Minera Cerro Quema S.A., filiale della canadese Orla Mining Ltd, ha ottenuto una concessione dal governo panamense e da allora “c’è stata molta opposizione da parte degli abitanti della zona, ma il grido della gente non è stato ascoltato”, denunciano le organizzazioni ecclesiali in una nota, in cui si ricorda che “la preoccupazione per la natura, la giustizia per i poveri, l’impegno per la società e la pace interiore sono inseparabili”, visto che Panama sta attraversando un periodo di siccità che potrebbe aggravare il problema.
La denuncia rispetto all’attività mineraria a cielo aperto a Cerro Quema riguarda lavorazioni “con cianuro e altre sostanze inquinanti, in un’area di circa 15.000 ettari, cosa rappresenta un pericolo per le persone e l’ecologia”. Si tratta di una regione “con fiumi che possono essere contaminati dalle sostanze chimiche che verranno utilizzate nella miniera. C’è anche un ulteriore pericolo, perché la miniera si trova in un’importante zona sismica del Paese”.
La diocesi, la Caritas e la Remam ricordano anche che “un mese fa, insieme a fratelli e sorelle di altre organizzazioni, abbiamo espresso il parere che l’estrazione di metalli non è affrontabile e sostenibile in un Paese con la ricchezza idrica e di biodiversità e la vulnerabilità climatica di Panama”. Questa affermazione è supportata da “molti studi internazionali e nazionali” e i vescovi hanno confermato questo rischio: “Non c’è denaro al mondo che possa compensare i danni che l’estrazione mineraria può causare a breve, medio e lungo termine”.